giovedì 25 giugno 2020

Rubrica: Storytelling Chronicles La via per il Valhalla di Anne Louise Rachelle

Ciao a tutti amici lettori.
Ieri ho deciso di mettere in pausa il blog perché ero impegnatissima in qualcosa di nuovo e molto bello: la Fiera Virtuale del Romanzo Italiano.
Per la prima volta ho fatto un video e l'emozione è stata fortissima. Per continuare a seguirci iscritevi a questo link QUI, io farò la mia prima diretta sabato e vi aspetto.
Ma adesso concentriamoci sull'argomento del giorno, oggi torna la  Rubrica Storytelling Chronicles dove non sarò io ospite bensì una collega, Anne Loise Rachelle e che oggi ci regala il suo racconto.



Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog  La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish Kingdom
L'argomento di questo mese riguarda il mare, ma prima di lasciarvi alle sue parole, ecco una piccola premessa.

Ciao a tutte! Ho pensato molto se fare o meno una piccola premessa al racconto di questo mese, ma alla luce della sua relativa lunghezza, ho creduto fosse necessario se non doverosa.
Per il mese di giugno abbiamo scelto la tematica del mare e fin dall’inizio mi è balenata in mente un’idea fissa in testa. Volevo mettermi alla prova, cambiare ambientazione e protagonisti (e sperimentare anche un doppio Pov con sorpresa!). La storia è ambientata nell’epoca dei vichinghi, non ho specificato di proposito luogo e data, mi sono parsi superflui, ma spero di aver reso comunque bene l’ambientazione e il periodo storico. Mentre scrivevo, poi, mi sono lasciata prendere un po’ la mano, le idee si accavallavano le une sulle altre, perciò confido nella vostra forza di volontà affinché riusciate ad arrivare fino in fondo. Niente, adesso la smetto di ciarlare, non mi resta che augurarvi buona lettura, vi aspetto nei commenti!

La via per il Valhalla 

Einar

Il mare era in tempesta. Il rigoglio delle correnti e il turbinare dei venti si abbatteva con estrema violenza sulla fiancata della nostra nave da guerra. Era snella, veloce e speravo anche abbastanza robusta da riuscire a portarci a casa sani e salvi.
Diedi uno sguardo dietro di me, i miei guerrieri remavano instancabili, profondendo le ultime energie rimastegli dalla furiosa battaglia da cui tutti noi eravamo reduci. Le ferite bruciavano a contatto con l’acqua piovana, ma soprattutto con quella salmastra; tuttavia, la accoglievamo con benevolenza perché pulivano tagli ancora sanguinanti. Volevamo tornare in Patria mondati dalle brutture, dall’orrore, dagli incubi. Non sempre ci riuscivamo del tutto, ma di sicuro ce la mettevamo tutta.
Mancava poco per toccare terra, la nostra terra, non per questo mi permettevo di abbassare la guardia. Le insidie erano ovunque: tra i flutti, tra le membra stanche, tra i pensieri affannati. Gli occhi bruciavano a causa del sale, ma anche del sangue che ci era finito dentro durante il combattimento. Un taglio profondo sulla fronte mi faceva maledire l’elmo e la necessità di proteggere il resto del capo: una freccia per poco non mi si era conficcata in un occhio, perciò dovevo ringraziare Odino e ritenermi soddisfatto. Ammaccati, contusi, feriti, certo… ma stavamo tornando tutti a casa, tutti. Lo stesso non avrebbero potuto dire i nostri avversari.
Il cielo era scuro come se fosse notte, anche se doveva aver albeggiato ormai da tempo. Ciò nonostante, le nubi temporalesche e lo scroscio della pioggia non avevano impedito agli abitanti del nostro villaggio di venirci ad accogliere. Com’era prevedibile, però, si trattava perlopiù dei parenti – madri, mogli, fidanzate – dei miei compagni. Per questa ragione non mi trattenni oltre il necessario, non avevo occhi materni o affettuosi che mi attendevano, anche se gli sguardi di riconoscenza che a volte mi rivolgevano erano capaci di confondermi e inorgoglirmi insieme. Non era merito mio se il loro figlio, marito, fidanzato era tornato sano e salvo… era stato il volere degli dèi a consentire un simile miracolo. Il Valhalla avrebbe dovuto attendere un altro po’ prima di accogliere i miei guerrieri. Io, come sempre, annuivo e mi defilavo. Qualche altra stretta di braccio lungo il percorso e via, potevo finalmente rintanarmi nella mia dimora, ripulire tutte le ferite, riposare per qualche ora di fila. Poi, sarei stato come nuovo, o quasi.
Una volta dentro, gettai un’occhiata al focolare acceso, una pentolina di ferro tenuta in caldo su qualche brace, alcune bende di lino piegate come se si trattasse di sacre reliquie. Sorrisi appena e scossi il capo, ripensando alla mia convinzione che non ci fosse nessuno ad attendere il mio ritorno. Non era proprio così, evidentemente.
Iniziai a levarmi le armi, la pelliccia, l’armatura. Pesavano il triplo con tutta l’acqua che avevano accumulato. Li sistemai con cura, affinché si asciugassero senza danni, proprio di fronte al fuoco guizzante, che fissai per qualche istante di troppo, come ipnotizzato. Tra le fiamme potevo quasi scorgere il furore della battaglia, i lanci delle asce da guerra, i fendenti delle spade, lo scorrere del sangue. Ero stanco, ma soddisfatto per aver riportato una nuova vittoria, nessuna perdita e solo qualche sciocca ferita. Adesso meritavo un bel bagno, un po’ di cibo e un lungo sonno ristoratore… molto lungo.
Fissavo l’orizzonte con una strana sensazione annidata nel petto. Il blu che si estendeva a perdita d’occhio rifocillava la mia mente e il mio corpo più di quanto fosse riuscita a fare qualche ora di riposo. Mi ero girato e rigirato in un dormiveglia agitato che, anziché ritemprarmi, mi aveva spossato ulteriormente. Le ferite non erano un problema, sapevo tenere a bada il dolore, ma la stanchezza mi rendeva nervoso. Perciò, avevo deciso di tornare in riva al mare, riparandomi dai forti e gelidi venti del Nord grazie a un anfratto di roccia abilmente eroso dal tempo. Sopra di me c’era una piccola altura che mi celava a occhi indiscreti. Quello era “il mio posto”, laddove mi rintanavo quando avevo bisogno di restare solo, ma soprattutto quando avevo bisogno di ritrovare un po’ di pace per riconnettermi con un mondo da cui recidevo ogni legame ogniqualvolta partivo per un’incursione. In una mano reggevo un piccolo ciocco di legno, nell’altra un coltellino dalla lama piccola e ricurva. Mi piaceva intagliare il legno, uno sguardo all’orizzonte e uno all’oggetto che pian piano prendeva forma, mi rilassava.
Le dita erano intirizzite, ma ci ero abituato e poi non stavo di certo creando chissà quale opera d’arte… I miei pensieri furono interrotti da un leggero scricchiolio, talmente flebile che all’inizio mi parve solo frutto della mia immaginazione. Ciò nonostante, i miei sensi allenati raramente fallivano e lo stesso sorriso che poche ore prima era spuntato sulle mie labbra tornò a fare capolino in quel momento.
Qualcuno si avvicinava, qualcuno che tentava di non far rumore per tendermi un agguato. Anche se il mio corpo non era ben visibile oltre l’altura, la persona in questione conosceva bene il posto.
Attesi. Attesi fino all’ultimo istante con le orecchie tese, fino a quando l’agguato ebbe luogo, andando però a vuoto. Afferrai per un braccio l’“attentatore” e gli feci fare una capriola rovinosa sulla sabbia umida di fronte a me. Un urlo strozzato fece allargare il sorriso che avevo sulla faccia, che rimase lì mentre tornavo a guardare l’orizzonte e a intagliare il legno.
Uno sbuffo e una pioggia di sabbia fine mi investì ma non ci feci caso, era più o meno la prassi.
«Hai intenzione di assomigliare a un cucciolo impantanato ancora per molto?» mormorai con finta serietà.
«Ma come fai! Dannazione! Eri di spalle, avevo una posizione di vantaggio, mi sono mossa con cautela!» La voce della mia attentatrice mi arrivò arruffata e indignata: stava tentando di darsi una ripulita con forti pacche sugli abiti maschili che si ostinava a indossare.
«Ti sarai pur mossa con cautela, ma hai calpestato un bel po’ di foglie ghiacciate e quelle fanno un gran baccano» continuai a stuzzicarla, ma senza rivolgerle più di un’occhiata.
Lei si mise con le mani sui fianchi, impedendomi la vista dell’orizzonte. Ecco terminato il momento di meditazione. Posai il mio passatempo in un sacchettino di pelle e poi incrociai le braccia al petto, in attesa della sua reazione. Non si sarebbe fatta attendere molto.
«A sentire te sembra che abbia suonato un corno! Se avrò calpestato una foglia è pure tanto. Il punto è che tu eri assorto, dalla tua faccia avrai dormito sì e no un paio d’ore, mi hanno detto che sei quasi rimasto cieco da un occhio! Come diamine fai?!» La vidi passarsi una mano tra i capelli, nel tentativo di risistemare le ciocche scure sfuggite alla fitta treccia che portava da… praticamente tutta la vita. Le sue iridi, tanto chiare da sembrare fatte di cristallo, mi trafiggevano curiose, anelanti risposte che io non avevo.
«Vieni a sederti qui, mi copri la visuale» la esortai per farla calmare. Tentavo anche di smetterla di sorridere, sapevo che la irritava parecchio, ma questa era una missione fin troppo ardua.
Lei ubbidì con aria sconfitta, abbandonando la lotta con i suoi capelli e i vestiti inzaccherati. Era delusa, ma cercava di celare le sue emozioni dietro un’espressione dura che poco le si addiceva.
«Astryr, non puoi pretendere di diventare una guerriera in una settimana, un mese, un anno. Ci sono cose che si imparano solo con l’esperienza…» Mi morsi il labbro, sapevo cosa avrebbero scatenato le mie incaute parole. Volevo confortarla e invece avevo appena aperto la porta a un uragano.
Mi fissò con i suoi occhi trasparenti che, all’improvviso, sembravano essere diventati liquidi. Un punteruolo mi si conficcò nel petto. Una sensazione a cui non riuscivo a dare un nome.
«Lo sai che non accadrà mai. Non mi permetteranno di partecipare all’addestramento e di fare esperienza. Mia madre continua a buttarmi i vestiti, a nascondere tutte le armi che trova, a supplicare il capo villaggio di scegliere un marito per me. Ma io non voglio vestirmi da donna, smettere di allenarmi, e soprattutto non voglio sposarmi né avere bambini! Come faccio a farglielo accettare?»
La lasciai sfogare. Conoscevo Astryr da quando era nata, non che fosse una cosa eccezionale in un villaggio piccolo come il nostro, ma i nostri padri erano come fratelli e l’avevo vista crescere. Il mio carattere schivo non mi aveva permesso di instaurare chissà quale tipo di rapporto fraterno, ma di certo l’avevo sempre protetta e… assecondata in questa sua volontà di diventare una combattente, ruolo che poteva essere comprensibile solo per donne appartenenti a un ceto sociale più alto, decisamente diverso dal suo. E qui iniziava la diatriba. Le avevo insegnato a usare l’arco e l’ascia da lancio, a difendersi e ad attaccare in un corpo a corpo, ad appostarsi nel bosco in diverse condizioni climatiche. Ed era brava, eccome se lo era. Poteva sfruttare questi insegnamenti nella caccia, ma sapevo che non era ciò che desiderava: era sempre lì, tra la folla, ogni volta che prendevamo il largo. Conoscevo la bramosia che albergava nel suo sguardo quando fissava il profilo della nostra nave, era lo stesso che avevo io molti anni prima, quando ero solo un giovane in attesa di riscatto.
«Non ho le risposte che cerchi, ma forse potrei parlare con tua madre…» Sapevo che non sarebbe servito a nulla. Per quanto mi tenesse in considerazione, la donna che l’aveva messa al mondo era un osso duro e convinta del percorso che Astryr avrebbe dovuto seguire. E allora perché le facevo una promessa del genere? Semplice, non volevo che continuasse a guardarmi con quegli occhi liquidi e tormentati. 
Non sapevo di essere egoista e fu un duro colpo scoprirlo in quel momento.
«Tu e Valeska nella stessa stanza? Questa scena non me la perderei per nulla al mondo!» Sorrise, anche se gli occhi volevano piangere, era riuscita a trovare la forza di tirare fuori un po’ di ilarità. La fissai, forse un istante di troppo, perché lei assunse l’espressione da furbetta che avevo imparato a conoscere. «Ehi, se continui a guardarmi così potresti mandarmi messaggi sbagliati. Cerca di stare attento!» Mi diede una gomitata che mi fece gemere per il dolore: aveva centrato una contusione coi fiocchi. «Oh, dannazione! Ti ho fatto male? Che ti hanno fatto?» La sua preoccupazione era quasi più buffa del suo tentativo di mettermi in imbarazzo, entrambi però avevano lo stesso effetto.
«Non è niente e… grazie per il tuo benvenuto…» risposi, un po’ per tergiversare, un po’ perché avevo dimenticato di ringraziarla davvero.
«Sciocchezze! Tornare in una casa gelida è triste, molto triste… il nostro guerriero più valoroso non deve sopportare una cosa del genere. E siccome non hai alcuna intenzione di prendere moglie, per adesso, mi occuperò io di non farti subire questo affronto…» La fissai di nuovo, questa volta alzando un sopracciglio.
«Bastava un semplice “non c’è di che”. Inoltre, sono ancora più convinto che non saresti male come leader. Parli bene, insinui ma non dici. Più che soldato ti vedrei bene come capo villaggio, ci hai mai pensato?» Lei mi fissò inorridita e io scoppiai a ridere: colpita e affondata! «In ogni caso, cosa ti dice che non voglia prendere moglie?»
«Il fatto che sembri un eremita? Che sei schivo e silenzioso, che tergiversi quando ci sono riferimenti sentimentali? Quando le belle ragazze in età da marito ti si avvicinano, sbarri gli occhi e sembri andare nel panico. Vuoi essere gentile, ma in realtà, nella tua testa le prenderesti tutte e le getteresti in mare. Non che loro ne farebbero un dramma, ammirerebbero di certo la tua forza e i tuoi muscoli, il come tu sia riuscito a sollevarle tutte insieme: il dio Thor personificato! Ti manca solo il martello…» 

Eccola, era partita in quarta, ma non riuscivo a fermarla. Insomma, sarebbe stato semplice metterle una mano sulla bocca e farla tacere, ma c'era qualcosa di ipnotico nella sua voce, non tanto in ciò che blaterava. “Cosa mi sta prendendo?” mi chiesi stranito. «E vogliamo parlare del tuo atteggiamento rude in battaglia? I racconti delle tue gesta arrivano fin qui sulle ali del vento…» A quel punto si alzò di scatto e iniziò la sua personale rappresentazione. «Fendenti, pugni, calci, sangue che sprizza di qui e di lì, le urla e lo strazio ti circondano, ma tu rimani una roccia, nessuno è in grado di abbatterti! E pensi che questo faccia impressione alle fanciulle che vorrebbero accalappiarti? Illuso. Non sono così sensibili, credimi. Se fosse per loro si taglierebbero un braccio pur di avere la tua attenzione.» E via con colpi immaginari, frecce scagliate, asce lanciate. Era nel suo mondo, ma era il momento di rompere l'incanto, la curiosità stava prendendo il sopravvento.
«Ehi, adesso basta con la recita, torna a sedere e rispondi. Come fai a sapere tutte queste cose.» Lei mi fissò con aria sbalordita e un po' confusa. «Tutto: come sono, come vivo, come combatto. E addirittura che ho delle spasimanti e come sono fatte loro… mi fai paura.» In realtà stavo trattenendo l'ennesima risata, ma cercai di non darlo a vedere.
«O sei tonto, oppure lo fai! Ti giro sempre intorno, Einar. Ti ammiro, voglio imparare tutto da te, e di conseguenza devo sorbirmi anche le sviolinate delle altre ragazze. Ti spiano, sanno cose che nemmeno tua madre potrebbe sapere…» La sua voce cospiratoria tolse ogni freno. Risi, risi con le lacrime agli occhi, risi come non facevo da troppo tempo. Con una mano davanti al viso e una sul fianco. Asciugai una lacrima e rivolsi di nuovo lo sguardo verso Astryr e la trovai a occhi sgranati e le labbra spalancate. Il suo incarnato pallido era tinteggiato di rosso sulle guance e non era colpa del freddo. Quando si rese conto che la fissavo non distolse lo sguardo… «Un prodigio, ho appena assistito a un prodigio. Non ti ho mai visto ridere così di gusto, mai. Qualche risolino, qualche sorriso, più spesso ghigni divertiti, ma mai una sana e bella risata di pancia! E adesso? Come ti senti?» Mi chiese con la trepidazione di un bambino che fa assaggiare per la prima volta qualcosa di delizioso a un amichetto. 


«Mi fa male il fianco…» risposi sincero. «E la faccia…» conclusi convinto e beandomi ancora del suo sguardo contrariato. «Va bene, va bene, posso dirti che ho dimenticato per un po' la realtà. Ti sembra un buon risultato?» chiesi a mia volta, adesso serio. Astryr si passò d'istinto una mano tra i capelli, impigliandosi nella treccia e benedicendo non so bene quale prozia.
«Sì, diciamo che non è male, ma potrebbe andare meglio!»
«Lo sai che non sta bene che dalle labbra di una donna escano così tante imprecazioni?»
«Ottimo. Un buon modo per scoraggiare eventuali pretendenti, semmai gli abiti e le armi non fossero sufficienti!»
«A tua madre cederebbe il cuore se ascoltasse parole simili…»
«Valeska è in grado di resistere a ben altro, l'ha dimostrato ampiamente. Piuttosto non starai cercando un modo per sottrarti allo scontro, non farmi pentire di ciò che penso di te!»
E via così, le ore trascorsero tanto veloci da farmi dimenticare la realtà, il mio passato, il mio carattere per molto più di “un po'”, mentre il mare faceva mostra di ogni sua sfumatura più bella. All'improvviso, però, Astryr divenne silenziosa come se un pensiero l'avesse colpita all’improvviso. E l'Astryr silenziosa/pensierosa non era una buona cosa. Decisi di non farle domande, continuai a guardare l'orizzonte, subito dopo averle stretto addosso la mia pelliccia.
«Perché?» chiese in un sussurro.
Fissai lei, la pelliccia e di nuovo lei, confuso. 


«Sarai sicuramente forte, come il tuo nome suggerisce, ma non per questo sei immune al gelo. Siamo qui da davvero tanto tempo, il minimo che posso fare e tenerti al caldo…» “Egoista”. Quella parola tornò a frullarmi in testa. Di rientrare a casa non avevo voglia, avrebbe significato riportare ogni cosa a come era prima.
«Eccolo il finto tonto, non puoi essere davvero così!» Astryr scosse il capo e una mano come a voler avvalorare quella che per lei stava diventando una certezza. Sospirò di fronte al mio sguardo smarrito. «Perché con me sei diverso? Non propinarmi la storia del “ti ho vista crescere, i nostri padri erano come fratelli, ti voglio bene come a una sorella”, per favore…»
«Mmm non mi sembra giusto fare una domanda e suggerire anche la risposta, e comunque non ti ho mai considerata come una sorella, questo almeno non l’ho mai detto» la rimbeccai con il sopracciglio inarcato, di nuovo. Poi rimasi in silenzio anche io, riflettevo, cercavo forse tra le onde del mare la risposta a quella domanda? Non ci avevo mai pensato prima. Anche se la smorfia sul viso di Astryr era davvero graziosa, mi decisi lo stesso a rispondere. «Non lo so. Ehi, non fare quella faccia! Non è che la notte mi metta a pensare ai rapporti sociali.»
«Eppure, non si può dire che la tua vita sociale sia chissà quanto attiva. Dovresti pensare solo alla sottoscritta!»
Sapevo bene che quando Astryr cominciava a usare il sarcasmo, la situazione diventava potenzialmente pericolosa. Così, decisi di lasciar andare i pensieri assieme alle parole.
«Rettifico: non lo so con certezza. Con te è stato sempre tutto più semplice. Nessuna moina, nessuna strategia, nessuna maschera…»
«Allora te ne accorgi eccome delle oche che ti muoiono dietro! Ops, va bene, continua!»
Il mio sguardo di ammonimento aveva sortito l'effetto sperato.
«Sei una combattente eccezionale, fiera, leale. Hai un potenziale che molti uomini ti invidiano, per questa ragione ho sfidato tua madre per addestrarti…»
«Il che ti fa onore. Hai fiuto per il talento!» La fissai di nuovo, ancora più truce, allora si mise una mano sulla bocca per costringersi a non interrompere più.
«Mi fido di te. Non per il nome che porti o per il rapporto che condividevano i nostri padri, ma per come sei tu realmente. Tutto questo, per me, è sufficiente per renderti diversa… da tutti gli altri.» Avrei giurato di aver visto un luccichio sospetto tra le sue ciglia nere, ma quando tornò a guardarmi mi ritrovai di fronte solo le sue iridi liquide. “Solo” si fa per dire.
«Non ti ho mai sentito pronunciare un discorso tanto lungo…» Era lei adesso che tergiversava.
«E la soddisfazione sarebbe stata maggiore se non avessi interrotto a ogni piè sospinto.» Le sorrisi con le labbra e gli occhi, mentre lei mi dava una spinta non proprio scherzosa. «Ah, dimenticavo una cosa importante…» Si bloccò per guardarmi incuriosita. «Sei anche molto bella, il che non guasta.» Portai lo sguardo lontano dal suo, fino ad accarezzare la linea dritta che tagliava mare e cielo, sempre più indistinta a causa del crepuscolo. Non c'era traccia di ilarità nella mia voce e questo l'aveva spiazzata, ma reagì qualche istante dopo nel modo che mi aspettavo.
Mi saltò al collo e rotolammo sulla sabbia. E non si trattava certo di un abbraccio affettuoso. Voleva punirmi per quell'affronto. Un suo modo, del tutto personale, per esorcizzare l’imbarazzo del mio inaspettato complimento. Assurdo! Gliene avevo fatti una cascata solo poco prima, ma la sua bellezza era per lei una specie di insulto, un impedimento al suo essere un'esperta guerriera.
«Non posso negare la verità…»
«Non rigirare il dito nella piega, Einar!»
«Solo tu puoi considerare la bellezza una piaga…»
«Lo è quando ti impedisce di essere chi vorresti!»
«Non è questo il vero problema…»
«Se fossi brutta e laida pensi davvero che a qualcuno importerebbe di come mi vesto e di cosa faccio nel tempo libero?»
«Per Valeska non cambierebbe nulla, quindi non avresti comunque risolto il tuo cruccio. Ma adesso, tregua! Chiedo una tregua!» 


Era impossibile ragionare con lei. Era sfiancante, molto più che combattere tre battaglie di fila contro nemici sanguinari. Ciò nonostante, non ebbe tempo di replicare né io di gioire di questa sua impossibilità, perché il suono acuto del corno ci fece immobilizzare. Lei era ribaltata sulla schiena, io ero appena sopra di lei, con i capelli chiari a coprimi il volto. Le orecchie di entrambi erano tese, gli occhi fissi in quelli dell'altro, mentre un brivido freddo ci percorreva la schiena e no, neppure questa volta, era colpa del freddo.
Il suono si ripeté ancora e ancora, minaccioso, ammonitore.
Scattammo in piedi in un lampo e io bloccai la fuga di Astryr verso il villaggio.
«So cosa hai in mente, ma non è questo il tuo momento!» Dovetti strattonarla con forza per impedirle di divincolarsi.
«Stanno per attaccare il nostro villaggio. Devo aiutare per difenderlo!» sibilò tra i denti. La preoccupazione faceva a gara con l'eccitazione sul suo viso e questo mi fece dannatamente paura.
«No, gli uomini non si fidano di te. Invece, si preoccuperanno per te, vorranno difenderti e rischieranno la vita per farlo» la ammonii serio, la voce ferma, i muscoli rigidi.
«Ma tu no!» Poteva una costatazione sembrare tanto una domanda?
«No. Te l'ho detto, mi fido te, ma non posso chiedere una cosa del genere agli altri.» La delusione nei suoi occhi assomigliava a un pugnale conficcato nel costato. «Ma forse c'è qualcosa che potresti fare per aiutarci. L'altura sopra il villaggio, la conosci meglio di casa tua. Potresti appostarti lì, nelle vicinanze di dove attesteremo la linea difensiva, col tuo arco…» Perché la sensazione che stessi sbagliando ogni cosa mi scorticava da dentro? Perché i suoi occhi raggianti lenivano il senso di colpa? Perché desideravo vederla felice?
Non c'era tempo per trovare le risposte a quelle domande, i nemici si avvicinavano e il sorriso di Astryr fu sufficiente a farmi dimenticare ogni remora. Era l’ora della guerra. 



Astryr

Lo sapevo che sarebbe arrivato! Il mio momento, intendo. Einar dice che non è così, ma per me è un onore anche solo coprirgli le spalle, abbattere i nemici che tenteranno di avvicinarsi al nostro villaggio per depredarlo, imbracciare l'arco a difesa della mia famiglia.
Corro, corro, corro a perdifiato. Salire sulla collina è il primo passo verso il compimento della mia missione. A casa, ho rischiato quasi di far venire davvero un attacco di cuore a mia madre. Sono entrata come una furia, ignorando la sua confusione e la sua paura, ho afferrato le mie armi e quel poco di armatura che Einar è riuscito a farmi fare su misura negli anni, poi mi sono catapultata fuori con le urla di rimprovero miste a disperazione di Valeska nelle orecchie. Non ho tempo per le solite rassicurazioni, c’è bisogno di me e non posso fallire arrivando tardi.
Sono in posizione. Dietro di me il mare ha iniziato ad agitarsi, un nuovo temporale è in arrivo, ma non ci penso. Da qui posso vedere chiaramente la vallata dove gli abitanti del villaggio hanno approntato le barricate a protezione. Diversi metri più avanti c’è la barricata migliore, più imponente e minacciosa: i nostri soldati. Einar li ha posizionati a cuneo, scudo contro scudo, pronti a sbaragliare la prima ondata di nemici. Il cuore batte tanto forte da assordarmi. Inspiro a fondo. Mi impongo di regolarizzare la respirazione. Altri arcieri – come me – sono posizionati in maniera strategica sulla collina, il nostro compito è abbattere i loro tiratori, ma anche sfoltire la prima linea così da rendere l’impatto meno duro. Non posso farci niente, ho il cuore in gola e nelle orecchie, ma in queste condizioni non riuscirò a prendere bene la mira.
Gli arcieri iniziano a bersagliare i nemici, devo darmi una mossa anche io. Cerco Einar nella mischia, si batte con la sua solita ferocia, abbatte un avversario dopo l’altro con colpi precisi e mortali. Non li fa soffrire, non prova piacere nel togliergli la vita, ma è necessario per salvaguardare una causa più grande. Ed è un bene averlo visto in azione, perché finalmente trovo la lucidità giusta per fare la mia parte. 


Incocco la freccia, tendo l’arco, con calma. Un respiro e… lascio andare. Una, due, tre volte. Tre bersagli centrati. Tre nemici in meno. Comincio a sentirmi euforica e so che non dovrei. Ho appena costretto tre spiriti a lasciare questa terra, ma non ho rimorsi, spero sia normale.
In men che non si dica, la battaglia si fa ancora più sanguinosa. Non so se sia possibile una cosa del genere, ma vedo sempre più liquido vermiglio scorrere sulla terra battuta e la mia faretra è vuota. Che faccio? Scendo a combattere? Ho le mie asce da lancio e il mio pugnale. Nel corpo a corpo non sono molto pratica, ma forse potrei dare un contributo. Oppure torno a casa a ricaricare la faretra, col rischio che mia madre mi intercetti e mi trattenga in qualche modo?
Sono indecisa e non è da me! Intravedo i capelli biondi di Einar nella massa di nemici, sono in parte rossi a causa del sangue – spero non suo – ma continuano a ondeggiare sotto i colpi inferti. È una furia e io non posso starmene solo a guardare, non ora che ho assaggiato l’ebbrezza della guerra. Sì, non sono normale, qualsiasi uomo mi avrebbe guardata con disgusto. Solo uno non l’avrebbe fatto, anzi, sarebbe stato fiero di me. Lo avrei reso fiero di me.
Faccio il percorso all’indietro, sempre correndo, ed è per questo che non mi accorgo dei due nemici che mi tagliano all’improvviso la strada. Sembrano inseguiti da un demone ma non per questo appaiono meno feroci con le pellicce, i volti e le braccia insanguinati.
Cerco di restare calma. È il mio primo scontro ravvicinato, ma riesco a fare ben poco, perché Einar arriva alle loro spalle e salta con un balzo inumano su uno dei due. Mi urla di dileguarmi, ma io non lo ascolto, tiro fuori un’ascia e la lancio verso il secondo uomo. Non sono molto precisa, forse per l’ansia e la concitazione del momento – non è la stessa cosa di mirare a un manichino di legno! – così lo ferisco a una spalla. “È già qualcosa”, mi dico, “ma non abbastanza”. Estraggo il pugnale dal fodero, ma la mano trema e il respiro non ne vuole sapere di calmarsi, tra poco inizierò ad annaspare. Il tipo mi si avvicina minaccioso, mentre le grida di Einar mi rimbombano in testa: «Scappa, maledizione, scappa!». Lui non impreca mai e mi fa capire quanto sia preoccupato, e allora comincio a preoccuparmi anche io. Ma a questo punto come faccio a voltare le spalle al bastardo? Quello sì, che sarebbe un suicidio. Devo affrontarlo, tenergli testa in attesa che Einar arrivi a finirlo. Più facile a dirsi che a farsi. 


I secondi si dilatano, sembrano trasformarsi in minuti, persino ore. Schivo un fendente di spada, ma scivolo e crollo di lato. Il mio pugnale è ridicolo in confronto a quella lama affilata, ma non mi arrendo. Blocco un altro affondo con l’elsa della mia arma, facendolo deviare su un fianco. Devo rialzarmi, così non ho davvero nessuna speranza, ma non ho il tempo di pensare a come fare perché un’altra spada arriva a contrastare quella del mio avversario. Einar ha ucciso il suo e ha pensato bene di venire a togliermi dall’impiccio. Il suo corpo mi fa da scudo e non vedo nulla se non i suoi meravigliosi capelli chiari, sapientemente intrecciati in spirali rituali. Vorrei toccarli, dirgli quanto mi piacciano, ma so che non è il momento giusto. Di sicuro sono sotto shock.
Cerco di trascinarmi via, Einar cade sulle mie gambe e mi blocca la via di fuga. Schiva un fendente alla gola e un taglio profondo appare sulla mia coscia. Il dolore mi fa urlare, ma mi mordo subito le labbra fino a sentire un gusto ferroso in bocca.
Calma, devo restare calma. Ma capisco che le mie grida hanno scatenato qualcosa, una tempesta impetuosa, mai vista prima. Einar si è scagliato contro il nemico, lo sta bersagliando di pugni, entrambi i loro visi sono stravolti: il primo dalla rabbia, il secondo dallo strazio.
Capisco che l’uomo è morto quando le sue braccia ricadono sul selciato e restano lì, immobili. Einar non se n’è accorto, continua a colpirlo, ancora e ancora e ancora. E rischia di colpire anche me quando mi avvicino e gli metto una mano sulla spalla. Ha il respiro affannato, gli occhi verdi sono velati da qualcosa di terribile: un miscuglio di angoscia, terrore e odio. Tremo, ma gli stringo ancora di più la spalla, e sento tremare anche lui. Sta tornando in sé.
«Stai bene?» mi chiede con una voce che non riesco a riconoscere.
Annuisco, perché so che la mia di voce tradirebbe fin troppe emozioni. Lo tiro via dal cadavere, lo trascino vicino a me, anche se trattengo le lacrime. Il dolore alla coscia è forte, ma il sollievo di saperci vivi lo è molto di più.
«Hai deciso di farmi morire di paura… ammettilo…» mormora poi, controllando la mia ferita e fasciandola stretta con un pezzo della sua giubba di lino. Poi tossisce e il sangue imbratta la fasciatura.
«Tu sei ferito!» gli chiedo, anzi no, gli urlo contro. Non è una domanda la mia, così come non è degli avversari tutto il sangue che lo ricopre. 


Si accorge anche lui di uno squarcio aperto sul fianco e proprio in quell’istante crolla sdraiato.
«Solo un attimo, adesso passa…» Il suo tono era stranamente tranquillo, forse troppo. Io, dal mio canto, ho ritrovato le forze e decido di scuoterlo per non farlo addormentare.
«Siamo sopravvissuti assieme, Einar, non mollare proprio ora…» lo supplico, mentre le lacrime cominciano a lavare via la polvere e il sangue dal mio viso. Le sue iridi sembrano pietre preziose, ma adesso sono opache, stanche, deboli. «Adesso ti porto a casa e ti riprenderai presto…» continuo a dire, ma lui sorride. Cos’ha da sorridere in un momento come questo?
«Va bene così, lasciami qui a riposare.» A fatica riesco a sentire le sue parole, troppo basse, troppo definitive per poterle elaborare.
«Non se ne parla, guerriero! Apri quei maledetti occhi, mettiti in piedi e torna a casa con me. E sì, questo è un ordine bello e buono!»
«Agli ordini…»
Quel bastardo ha persino la faccia tosta di ridere, non si regge in piedi ma ride! È davvero il colmo, ma forse è un buon segno. Deve esserlo, perché mi sono appena resa conto che senza di lui la mia anima appassirebbe, diventerei brulla come le scogliere erose dal mare e dai venti del Nord. Non sarei in grado di sopportare di vederlo varcare la soglia del Valhalla. Dite che sono egoista? Beh, se voler vivere a tutti i costi accanto all’unica persona che sa renderti migliore è egoismo, allora sì, lo sono senza ombra di dubbio.
La mia prossima missione? Dirlo al diretto interessato. Ho la sensazione che sarà più complicato del combattere mille battaglie contro centinaia di avversari, ma questa… questa è un’altra storia.

Forse.

Il racconto è terminato, cosa ne pensate della storia di Anne Louise?
Vi aspetto nei commenti.


Copyright @ 2020 Anne Louise Rachelle

Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

24 commenti:

  1. Ciao, Anne Louise. Che dirti, se non che questo racconto è spettacolare? Splendida la copertina, belle le immagini, ottima la scrittura, superba la psicologia dei personaggi. Pov doppio perfettamente riuscito. Ho apprezzato davvero tanto Astryr, il suo inseguire la propria identità a dispetto dell'inquadratura sociale; ancor di più mi è piaciuto il fatto che Einar la appoggi. Ogni riga mi ha regalato emozioni, dato spunti di riflessione e spinto a proseguire. Spero, prima o poi, di sapere cosa succederà (il che significa, detto con meno diplomazia, che voglio il seguito ^_^ ) Complimenti davvero.

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    1. Ciao Debora! Che bello leggere il tuo commento, come sempre mi fai battere il cuore all'impazzata!!! Sono felice che anche questo esperimento ti sia piaciuto... Non ho mai scritto in ambientazioni storiche e temevo davvero di fare qualche gaffe, cosi come il presente usato nel pov di Astryr, altro esperimento, di solito scrivo al passato. Sono super felice però che tu abbia apprezzato il racconto anche in quelli che credevo punti deboli!
      Il finale - come hai potuto constatare XD - è aperto a ogni interpretazione e sì, ammetto di essermi lasciata una porticina aperta per un'eventuale futuro... Quindi non dispero di scrivere altro con Einar e Astryr! Grazie ancora e alla prossima! 😘

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  2. Wow, è bellissimo! L'ambientazione è perfetta e si respira a ogni parola ma... non può finire così, voglio il seguito! <3 <3 <3

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    1. Cara, che bello trovati qui 💜💜💜 grazieeeee 🙈🙈🙈🙈

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  3. La tua scrittura è di una limpidezza unica, bellissima davvero. Quando si leggono le tue storie è come essere lì in quei luoghi che descrivi con i personaggi che crei.
    Questa nuova ambientazione, particolare e per niente banale mi è piaciuta molto e ora come le altre Pretendo un seguito

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    1. Susy... Che dolce sei! Ci provo sempre a creare emozioni ma stando lontana dai cliché! Sono felice di averti conquistata fino ad ora, per le è molto importante la tua opinione 💜

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  4. Ciao Anne Louise! L'ambientazione vichinga mi ha sempre affascinato, perché è un periodo storico che conosco un po' poco, e tu sei stata bravissima a trascinarmi in un mondo lontano, che hai descritto con immagini vivide e abbondanza di particolari. La storia è molto scorrevole, i dialoghi serrati, i personaggi interessanti. Lei molto originale, lui un po' più convenzionale ma dal cuore buono! Una storia con tanti elementi di modernità anche se ambientata in un'epoca lontana. Complimenti, mi è proprio piaciuto!

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    1. Ciao Silvia! Sono felice di averti trasportato piacevolmente in un'epoca così lontana e che i miei personaggi ti abbiano colpita. Grazie per il tuo bellissimo commmento <3

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  5. Ma... ma... ma... Ma tu sei pazza a far finire un racconto così!!! Voglio sapere come va a finire tipo ADESSO!
    *scleri a parte* Anne Louise, io davvero sono felicissima di aver avuto la possibilità di conoscerti e conoscere la tua penna grazie a questa rubrica! Ogni volta riesci a creare dei mondi bellissimi dove ci si perde felicemente, e a incantarmi. Non c'è niente da dire su questa storia, è perfetta così com'è: tra ambientazione, protagonisti, temi trattati, non c'è niente fuori posto e anzi, ogni elemento crea un quadro così dettagliato che la lettura diventa presto immaginazione e il lettore riesce a figurarsi perfettamente nella testa ogni scena. Sono incantata. Grazie per averci regalato questa storia, c'è solo da imparare dalla tua scrittura. Bravissima, davvero!

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    1. Steph... mi hai sorpresa e commossa col tuo commento! Non faccio che leggerlo e rileggero! Grazie, grazie, grazie, non so cos'altro dirti perché mi sembra un sogno...

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  6. Molto corposo, perché negarlo?! Le descrizioni erano molto accurate e forse non sono la più adatta per commentare la terminologia usata in alcuni casi. Determinati aggettivi non gli ho mai sentiti associare a oggetti, ma solo a persone. Questo potrebbe essere un mio limite. La narrazione l'ho trovata fluida, ben strutturata. L'idea in generale era molto buona e lo resta, detto da una non amante degli storici.

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    1. Ciao Marianna! Grazie per il commento. Sono contenta che hai apprezzato il racconto anche se le ambientazioni storiche non ti vanno molto a genio. Alla prossima! :)

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  7. Ora posso ritenermi soddisfatta. Ci ho messo un po' ma alla fine ti ho letta e ti ho adorata di nuovo. Questo racconto è stupendo! Il mio approccio con le culture nordiche si limita alla mitologia, il telefilm Vikings e alla serie di Dragon Trainer ma la tua storia mi ha fatto innamorare ancora di più di questo mondo freddo e guerriero. Sei davvero bravissima e non smetterò mai di dirlo. Mi auguro che scriverai un seguito su loro due (e magari con una scena hot :P). Bacioni, cara, e alla prossima!

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    1. Ciao Tania bella! Mi vuoi proprio tentare con queste scene hot, della serie: "tanto tuonò che piovve" ahahah Vedremo vedremo. Intanto sono felicissima di averti intrigata, diciamo che la cultura vichinga ci mette del suo per fascino e attrattiva! Grazie per il tuo bellissimo commento! Alla prossima

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  8. Ciao. Ho apprezzato tanto la tua storia, i due personaggi mi sono piaciuti molto. Hai dato loro un carattere forte, lo hai descritto molto bene, hai portato il lettore a scoprirli piano piano e a capire come sono fatti e cosa li lega.
    L’ambientazione mi è piaciuta molto, mi ha ricordato un po’ Vikings.
    Per la scrittura, scorrevole, corretta, l’ho trovata molto facile da leggere e decisamente coinvolgente.
    Alla prossima

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    1. Christine ciao! Il fatto che ti abbia ricordato Vikings è un bellissimo complimento, in effetti è una serie tv che ho apprezzato (molto di più nelle prime stagioni!). Il mio cruccio è sempre quello di annoiare per via del mio "vizio" di inserire troppi dettagli... e di conseguenza i racconti arrivano a essere un po' lunghetti, quindi il tuo commento è molto molto stimolante per me! Grazie infinite e alla prossima!

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  9. Mi piacciono molto i vichinghi, sono sempre stata affascinata dai norreni, anche se più che altro conosco i miti classici.
    La tua storia è bella, con personaggi forti e vividi che invogliano a continuare a leggere.
    Spero davvero di leggere il seguito.
    Ah! Ho apprezzato anche l'alternarsi dei punti di vista. Direi che hai azzeccato tutto.

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    1. Ciao Simona! Il tuo commento mi ha dato una grandissima carica, sono felicissima che il racconto ti sia piaciuto! Grazieee e alla prossima

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  10. Ascoltami. Tu e le altre dovete piantarla di scrivere racconti fighi e... NON FINIRLI. IL MIO CUORE DEVE SAPERE COSA SUCCEDE POI. HO BISOGNO DEL LIETO FINE NERO SU BIANCO IO, OH :o :o :o ahahahahahah A parte gli scherzi, è vero, eh :P Per la mia salute mentale, siete costrette a fare marcia indietro ed evitare il cliffhanger (che tra l'altro sarà il protagonista del mio racconto di luglio, in un certo senso AHAH) XD

    Nonostante l'ambientazione diversa dal tuo solito e la narrazione a due punti di vista che ti concedi poche volte, ti si può riconoscere facilmente poiché lo stile fluido e la narrazione scorrevole sono due delle caratteristiche che amo di più della tua mano :3 Più di questo non ti dico comunque, perché sei stata cattivissima con la mia anima romantica da "E vissero per sempre felici e contenti" addicted: insomma, non ti meriti altri komplimenti, ma solo kritike, gne gne gne :P Ahahahah <3

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    1. Ahahaha, ok, ammetto che ho riletto il tuo commento un triliardo di volte piegata in due dalle risate (non cattive giuro!!!). Sei una forza Lara e accetto le tue "kritike" con molto piacere, perché davvero sono stata super cattivaaaaa... oppure ho voluto lasciare a voi il piacere di immaginare come è andata a finire davvero muhauhauah dipende da punti di vita u.u E diciamocelo, anche io odio leggere i cliffhanger ma crearli è una goduria xD

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  11. No… No… No, no, no e no!! Anne Louise non si fa! Non si lascia a bocca asciutta il lettore dopo aver creato due personaggi così! Cioè, io ho proprio bisogno di sapere se Einar sopravvive e se si metterà con Astryr, se loro faranno felice il mio animo assurdamente romantico!

    Comunque… bellissimi ambientazione e stile, il mood vichingo si adatta perfettamente al tema e rende tutto perfetto, compreso il cliffhanger finale che lascia tanta curiosità di sapere cosa accade!
    Brava! Cattivissima ma brava!
    Alla prossima
    Federica

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    1. Oh mamma, che scompiglio ho creato con questo cliffhanger cattivissimo! Oppure, come dicevo a Lara, si potrebbe anche vedere come una cosa positiva: potete immaginare voi stessi il finale eheheh Sto cercando di restare viva, si capisce vero?
      Ciance a parte, sono davvero super felice che il racconto ti abbia coinvolta così tanto!!! Diciamo che mi sono lasciata una porticina aperta per il futuro, non si sa mai u.u Grazie millllle e alla prossima.

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  12. Semplicemente fantastico. Descrivi con una tale cura ogni particolare e ho la sensazione di trovarmi lì, nel mondo da te creato con i protagonisti. Lei poi mi ha ricordato tantissimo Mulan. Ho amato il suo coraggio e la sua determinazione. Alla fine del racconto ero con il cuore in gola. Ho sinceramente temuto il peggio.Complimenti. Silvia di Silvia tra le righe

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    1. Ciao Silvia! Ho un'ammirazione particolare per il personaggio disney Mulan e il fatto che Astryr te l'abbia ricordata è un onore!!! Grazie mille per il tuo commento, mi ha resa tanto felice!

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