Pagine

sabato 27 marzo 2021

Rubrica: Storytelling Chronicles: Tutto è divenire di Anne Louise Rachelle

Ciao a tutti amici lettori.
L'appuntamento fisso del sabato si sta concentrando tutto su una rubrica che adoro e ne sono davvero contenta. Sto parlando della Storytelling Chronicles una rubrica di racconti in cui insieme a tante autrici mettiamo in gioco la nostra creatività.
Oggi però lo spazio è della mia amica Anne Louise Rachelle.



Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog  La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish Kingdom
E' sempre un piacere per me ospitare un'autrice talentuosa della quale spero di leggere presto un nuovo libro, lei lo sa glielo dico oramai sempre ma questo non vuol dire che smetterò di farlo, magari quando succederà potrei smettere... forse.
Ma bando alle ciance, la parola a lei.


Ciao a tutte,
sono felicissima questo mese di essere tornata. Devo ammettere che, quando devo dare forfait mi piange sempre un po’ il cuore. Mi mancate, cosa ci posso fare? Ringrazio Lara per avermi dato l’occasione di partecipare!
Torniamo a noi, perché la tematica scelta dalla nostra mitica admin è molto primaverile: un bambino, un fiore e un colore pastello. E subito… il mio pensiero è corso a… due nostre conoscenze. Spero tanto che gradirete il piccolo omaggio e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate. Vi aspetto nei commenti!



TUTTO È DIVENIRE


Cammino lento, attento a non fare rumore.
Il luogo in cui mi trovo esige rispetto, devozione, cura. Non che non possa continuare a esistere senza queste premure. C’è da quando è nato l’Universo, accoglie anime, le consola o le punisce, per poi lasciarle andare affinché possano riprendere il loro ciclo vitale. Un cerchio continuo, sospinto dalle Leggi Immutabili dell’esistere, votate alla conservazione dell’energia e della vibrazione.
Io. Io non sono che un semplice messo, un cavaliere inviato a compiere una missione specifica: prelevare quelle anime e portarle qui. Per attendere in pace o espiando le proprie colpe. Non c’è alcuna alternativa a queste due possibilità.
Religioni, sacerdoti, mistici, studiosi mi hanno affibbiato talmente tanti appellativi che non riesco neppure a ricordarli, ma di certo hanno provato a condensare la mia essenza, il mio ufficio. Invano. Un solo nome si è impresso a fuoco dentro di me, scardinando millenni di storia e autorità ben più elevate di colei che me lo ha donato.
Black. È così che mi chiamo. Da appena qualche mese, in verità.
«Non ti aspettavo, non così presto almeno…» 
Una voce familiare blocca i miei passi e mi costringe a voltarmi. La vedo, con il suo pigiamino rosa pastello e le pantofole di peluche. I capelli sono sciolti sulle spalle e leggermente sospinti da una brezza piacevole. I suoi occhi sono grandi ed espressivi, mentre con un cenno del mento indica un tavolino di legno con delle sedie intagliate. È davvero troppo piccolo per la mia mole, ma a lei non sembra interessare granché. Non mi sorprende nemmeno questo.
Mi accomodo al meglio delle mie possibilità, intrecciando le gambe sotto al tavolo; ho quasi la sensazione di essere seduto sul pavimento levigato, che sembra fatto di ambra. Tutto attorno a me si trasforma in continuazione, a seconda di come lei lo immagina, è un piccolo vantaggio di chi arriva qui con il cuore leggero quanto una piuma.

«Manca solo il tè e potremmo essere dipinti in un quadro» sbuffo, fintamente indispettito. La sento ridacchiare e dopo appena un attimo, un servizio di finissima porcellana bianca appare sul tavolino, corredato da un piattino colmo di biscotti fragranti che nessuno di noi mangerà mai.
«Ecco, adesso serve un pittore però.» 
Mi guarda di sottecchi, sedendosi a sua volta sulla sedia perfetta per la sua statura minuta. Secondo me è una dolce vendetta la sua, ma non lo faccio notare, in fondo… qui ha più potere lei di me. «Allora, perché sei qui?»
Deglutisco a fatica. Non ha perso la sua capacità di essere diretta al pari di una freccia ben scoccata.
«Sei pessima come ospite, ma hai ragione, perché tergiversare? È chiaro che non sono qui per una visita di cortesia…» 
Non sono del tutto sincero, mi fa piacere rivederla, ma i motivi per cui sono venuto a trovarla sono davvero tanti. «Prima di tutto, volevo darti questo…»
Tra le mie mani si materializza un peluche. È rosa anche lui, con un corno multicolore sulla fronte. È il suo unicorno. La vedo sgranare gli occhi per la sorpresa e il suo viso di bambina torna a essere più sfolgorante che mai. Torna a essere più umano.
Tossisco per camuffare la strana sensazione che provo e le porgo l’animaletto in maniera forse troppo frettolosa. Desidero mostrare non curanza, ma non mi riesce tanto bene.


E allora è il mio turno di guardarla da sotto le ciglia, mentre tasto le tasche dei jeans, in cerca delle mie sigarette. Una sua eloquente occhiataccia mi dissuade dal portare a termine la mia intenzione. Che despota!
«Perché l’hai portato qui? Doveva mandare un messaggio, ricordi?» mi chiede con una vocina sottile, adesso è indecisa se essere commossa per il mio gesto, oppure rimproverarmi per aver sottratto il peluche alla sua ultima proprietaria. In realtà, esiste una via di mezzo. Devo provare a spiegarla, anche se non sono bravo con le parole.
«Voleva che lo riavessi. Tua madre intendo. Ha preso il biglietto con sé, ma ha lasciato questo sulla panchina…» racconto, con la fronte aggrottata. Provare emozioni non è da me, anche solo i cinque sensi degli esseri umani mi sono sconosciuti, se non che in determinate occasioni. Quando arrivo per portarli con me, sento cosa provano, ma sono sempre stati attimi; ho fatto in modo che non durasse troppo a lungo, fino a quando non ho incontrato la bambina col peluche. E lì tutto è cambiato. Anche per questo sono qui.
Lei stringe l’unicorno al petto e chiude gli occhi, se in questo luogo esistessero le lacrime forse avrebbe pianto, ma non lo saprò mai. Non aggiunge altro, forse sa che la sua mamma crede in qualcosa che va oltre, è convinta che lei è in un posto dove la sofferenza non esiste e si aggrappa a quella consapevolezza per non annegare nella disperazione. E sì, di certo è un buon modo per andare avanti, la realtà non è poi così lontana.
«E dopo questo? Perché sei qui?» Mi sento preso alla sprovvista, è una sensazione che ho iniziato a conoscere in tempi recenti e non mi piace molto.
«Cosa vuoi dire?» mi mordo l’interno della guancia e come previsto sento quello che chiamano dolore. È la sua presenza a causarlo, altrimenti non sentirei un bel niente. È dannatamente frustrante.
«Hai detto "prima di tutto" e poi mi hai dato l’unicorno, cosa viene dopo?» spiega con aria saccente, facendomi subito dopo una linguaccia dispettosa.
«Niente di importante. Solo volevo raccontarti una cosa, visto che con ogni probabilità sei tu la responsabile della follia che mi circonda!» Cerco di buttarla sull’ironico, ma lei non fa una piega.

 

Appoggia il mento sul pupazzo e attende che io mi decida a proseguire. Il suo essere così adulta, di nuovo, mi irrita. Volgo lo sguardo intorno a noi, la leggera brezza è cessata, i colori caldi aumentano di intensità e sembra che vadano di pari passo con la sua curiosità. È lei che gestisce ogni anfratto del nostro angolino. «Qualche giorno fa, dovevo raccogl… accompagn… insomma, dovevo prendere e portare qui un’altra anima. Lei è stata la prima dopo di te e non è andata come doveva…» 
Sono infastidito, mi passo una mano tra i capelli corti, strofino poi i palmi sulle braccia lasciate scoperte dalla t-shirt e, infine, pianto i miei occhi chiari nei suoi. Non so quale sia la ragione, ma questa bambina è la responsabile della mia improvvisa follia… non riesco a trovare una spiegazione più logica, né c’è un essere superiore a cui chiedere un dannato consiglio. Non sono umano, a quelli come me non accadono certe cose, hanno un compito e lo svolgono da migliaia di anni. Non hanno dubbi, ripensamenti, rimorsi. Tutto gira nel naturale flusso della vita e della morte. Del cambiamento. Ecco…
Lei sembra leggermi nella mente, forse può farlo davvero.
«Non l’hai portata qui, l’hai lasciata vivere, hai avuto pietà di questa donna? Dici sul serio, Black?» La sua è una domanda retorica, non smette di accarezzarmi col suo sguardo che sembra fatto di cristalli liquidi. È compiaciuta?
«Come fai a sapere che è una donna e non una bambina come te?» chiedo d’improvviso, più per calmare il nervosismo che per reale curiosità.
Lei non mi risponde, allunga un braccio e mi porge una mano. È talmente piccola che mi rifiuto di sfiorarla. Non è ciò che vuole in ogni caso. Mi accorgo che il servizio per il tè è scomparso, il dorso della sua manina sfiora la superficie del tavolo e sul suo palmo appare un fiore. I suoi colori sono molto intensi: viola-blu in gran parte, con uno spruzzo di giallo e di bianco.
Tengo le mie mani ben incastrate nelle tasche dei jeans scuri, in apparenza sono in attesa di capire il suo messaggio, ma dentro di me so già dove vuole arrivare. Mi mordo nuovamente l’interno della bocca, sento il sapore del sangue, ma non smetto. È liberatorio. Il dolore lo è, anche se il passaggio non è agevole. Dal dolore alla libertà ci sono ostacoli, spine, prove da superare. Questo è il viaggio di ogni essere umano… ma non dovrebbe essere il mio!
«È un iris. So che lo sai. Il collegamento è facile…» La sua vocina dolce mi strappa ai miei svaghi mentali, riportandomi alla nostra realtà.
«È il suo nome. Questa donna si chiama Iris e sa chi sono… o almeno, credo lo abbia intuito. È così strana, aperta al mio… mondo. Dovrebbe avere paura di me, ma non ne ha. Dovrebbe rifuggire ogni contatto con me e invece continua a cercarmi. Ho curato le sue ferite, ho toccato il suo sangue e le sue lacrime, ho pulito la polvere dal suo volto… non avrei dovuto farlo… il suo odore e il suo sapore sono impressi su di me come uno di questi mille disegni sacri… che stanno scomparendo: non li merito più.»


Parlo, parlo, parlo a ruota libera, incapace di frenare ciò che ho soppresso fino a quel momento. Ho spinto giù, sempre più a fondo, ogni singola emozione, ma sono tornate a galla, tutte assieme. Senso di colpa, timore, curiosità, tenerezza, disapprovazione, confusione. Mi bersagliano come proiettili avvelenati… mentre evito gli occhi della bambina. Ho paura di ciò che potrei trovarvi al suo interno. E non so nemmeno il perché. Mi concentro sui simboli che ricoprono la mia pelle, hanno sempre avuto un significato per me, hanno sempre rappresentato ciò che sono, il mio sacro compito, ma ora stanno sbiadendo, uno per volta, per ordine di importanza. Cosa sarà di me quando saranno andati via tutti? È davvero paura quella che sento, oppure è trepidazione? E come diamine faccio a provarle?
«Tutto è divenire, Black. Ogni cosa cambia, le stagioni passano, i fiori appassiscono, la neve cade, le stelle muoiono, le anime arrivano e partono di nuovo.»
«Io non sono un tutto, io sono solo io… e lo sono da migliaia di anni…» obietto visibilmente irritato. Adesso sì che la fisso, mentre stringo i pugni sul tavolino, accanto alla sua mano aperta, ignorando il fiore che sembra pulsare di vita propria. La tentazione di prenderlo e distruggerlo è forte, ma non lo faccio, sarebbe un inutile tentativo di negare ciò che è accaduto e che sta accadendo.
«Non puoi contrastare questa cosa. È così che deve andare. Torna da Iris, non deve più cercarti invano…» 


La sua voce sembra più intensa, più matura, e ho la sensazione che non sia solo lei a parlare. Il suo messaggio è così chiaro, ma mi terrorizza. Non ho mai conosciuto la paura, ma adesso conosco la sua origine: l'ignoto. È proprio questo che blocca ogni ragionamento e mi porta vicino a un senso di panico mai provato. Anche queste sono emozioni tipicamente umane… non di esseri come me… capirò, forse un giorno arriverò a capire, ma ora devo procedere lungo la via che qualcuno ha tracciato per me. Sento che è così e non posso fare nulla per evitarlo.
«È così che deve andare…» ripeto, gli occhi fissi sul fiore che sembra fatto di carne. Lo sfioro con un dito esitante, quasi a fargli una improbabile carezza.
Lei sorride, è soddisfatta. Era questo il suo scopo? Farmi cedere le armi? Accettare un destino sconosciuto? Poi, fa scivolare l’iris nella mia mano.
«Non farla aspettare… e ricorda di venirmi a trovare ancora, abbiamo altre cose da dirci.»
No, non può essere una bambina a parlare, non posso crederci. Tuttavia, non ho tempo né modo di scoprire l'arcano dietro a tutto questo delirio, dovrò solo viverlo… passo dopo passo, emozione dopo emozione, cambiamento dopo cambiamento, fino alla fine di tutto. Del mio tutto.

                      


Siamo giunti alla fine e io devo dirlo adesso non posso aspettare l'apertura dei commenti: Wow! Wow e ancora Wow!
Ora non pensate anche voi che dovrebbe scrivere un libro? Non credete anche voi che solo un racconto mensile non basti?
Spero di sì, così mi aiutate a convincerla ad accellerare i tempi perché sì, sei bravissima e io aspetto paziente un tuo piccolo grande successo perchè sarà tale lo so.

Voi cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti

                                               

Copyright @ 2021 Anne Louise Rachelle

Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

10 commenti:

  1. Mi ha fatto immensamente piacere ritrovarlo, credo che ormai si possa dire che si può creare una saga di piccoli appuntamenti che girano intorno a questo personaggi che mi ha rubato l'anima (è il caso di dirlo!).
    La delicatezza dei tuoi racconti si tingono di un noir mai pauroso e mai saccente, c'è sempre la delicatezza del dire, dell'immaginare e filosofeggiare coccolando il lettore nella consapevolezza di non temere l'ignoto... Insomma veramente amo queste tipologie di racconti, così rari perchè manca la maestranza, che tu hai, di raccontarli!

    RispondiElimina
  2. Ed eccomi qui, come una stalker che attende la sua "preda", o come una drogata che brama la sua dose. Il mese scorso sono andata in crisi di astinenza (per restare in tema!����). Anne Louise con il suo stile fluido e diretto non dovrebbe più sorprendermi, ma ogni volta ci riesce, ogni volta trova il modo di sbaragliare le mie difese e arrivare dritta al mio cuore. Eh sì, perché il rapporto tra Black e la bambina è qualcosa di unico, di irripetibile e al di là di ogni regola (terrena o sovrannaturale). La piccola, che a sentirla parlare non sembra affatto tale, è stata in grado di bucare le certezze di Black e farle vacillare in un primo momento, per poi riuscire a dargli la giusta soluzione, semplice e banale dal suo punto di vista. Black non può fare a meno di cedere, tenta di porre resistenza, ma sa che è una battaglia persa in partenza. La bambina con la sua ingenua e matura logica gli fa capire che non ha alcun modo di sottrarsi al suo cambiamento. Deve affrontarlo ad ogni costo. Grazie Anne Louise, per averci riproposto questa coppia fantastica, sui generis e con le loro peculiari caratteristiche. Le descrizioni del luogo e degli eventi mi hanno emozionato. Mi hanno immerso nel Limbo che può avere duplice valenza. L'anima della bimba non è pesante e può godere dell'attesa "come meglio crede". Ho adorato questa cosa. Bravissima e ancora complimenti. Sei meravigliosa anche se il finale ti obbliga ad andare oltre, a darci altre storie su Black, sulla bambina, e chissà magari su questa misteriosa Iris.

    RispondiElimina
  3. Semplicemente meravigliosa, sei riuscita a commuovermi ,emozionarmi e coinvolgermi❤👏👏👏👏

    RispondiElimina
  4. Ciao Anne Louise! Qui per dire che concordo assolutamente con Susy: la storia di Black, della bambina e di Iris sta diventando a tutti gli effetti una sorta di romanzo a puntate... o, se non altro, ha tutte le carte in regola per diventarlo! Questa volta al centro della scena c'è un dialogo intenso e profondo, quello tra un uomo che vede vacillare le sue certezze ed una bambina che è già stata costretta dalla vita (dalla morte...) ad essere molto matura. Questo capitolo della tua storia mi sembra "di svolta" e ciò mi dà la speranza che ci sarà un proseguimento. Anche il tema mensile è davvero ben interpretato. Complimenti e alla prossima!

    RispondiElimina
  5. Ciao. Sono sempre contenta quando incontro personaggi dei racconti passati e scopro qualcosa di nuovo su di loro. Mi è piaciuto il tuo racconto, il fatto che tutto possa cambiare da un momento all'altro, che persino abitudini vecchie possono in qualche modo evolversi. Il protagonista è come sempre pieno di mistero, avvolto dal fascino e sono d'accordo con chi chiede una storia con lui, per capire meglio lui e tutte le sue sfumature.
    A presto

    RispondiElimina
  6. Io ogni volta che ti leggo continuo a perdermi in un universo parallelo da cui non vorrei mai fare ritorno. Non so come fai, come riesci a prendermi per mano e trascinarmi in questi mondi dalla prima parola della storia, ma ci riesci ogni volta, e mi capita raramente. Sei bravissima, Anne Louise, e ritrovarti e ritrovare questi due personaggi è stato un colpo al cuore: bellissimo. Non vedo l'ora ci siano altri episodi, perché questa storia sta diventando appuntamento dopo appuntamento sempre più speciale. Ho così tante domande in testa che non vedo l'ora di leggerne le risposte nel prossimo capitolo! Fino ad allora, i miei più sinceri complimenti <3

    RispondiElimina
  7. A quando il libro intero? Lo voglio assolutamente, non puoi lasciarci con questi assaggini! Sei troppo brava e sai che aspetto i tuoi racconti sempre con gioia. Anche stavolta ti sei superata. Grazie, come sempre, per le storie che ci regali.

    RispondiElimina
  8. Lo stanno dicendo già tutti, ma è necessario lo dica anche io... A quando il libro? XD Questa storia, intera, sarebbe perfetta in veste di long con tantissimi capitoli -almeno un centinaio per far felici le tue fan <3 ahahah- in cui perdersi e godere dello smarrimento totale :3

    Era da tanto che bramavo un nuovo appuntamento con Black <3 Ritrovare la bambina è stato bellissimo -l'ho amata dalla prima volta in cui è comparsa, purtroppo per il suo destino crudele- e Iris... Beh, ora ci devi scrivere il nuovo incontro tra lei e il bel tenebroso "Caronte" ;) <3 Non farci aspettare troppo!

    RispondiElimina
  9. La meraviglia di questo racconto si commenta da sola voglio un libro!!!!

    RispondiElimina
  10. Devi assolutamente trasformare questa storia in un romanzo. Sarebbe davvero un peccato non farlo. Ha tanto potenziale ed è scritta benissimo. Complimenti per questo racconto. A presto. Silvia di Silvia tra le righe

    RispondiElimina