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sabato 16 novembre 2024

Rubrica: Storytelling Chronicles: E' accaduto davvero? di Susy Tomasiello

Buon sabato amici lettori.
Torna sempre con grande piacere la rubrica Storytelling Chronicles che mi permette di tenere sempre viva la mia passione per la scrittura.
                                  

Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica nuova invece è a cura di Federica
Il tema di questo mese prevedeva utilizzare delle parole chiavi e crare un racconto basandosi su certe specifiche ben precise:

Citare il colore rosa, inserire una moto o una macchina di quelle fighe e veloci, deve esserci un elemento fantasy/sovrannaturale, inserire un animale domestico, aggiungere un riferimento alla Corea del Sud, un personaggio deve essere minorenne, qualcuno deve avere gli occhi azzurri, uno dei giorni nell'arco dei quali si dipana la storia, deve prevedere la pioggia, in qualche modo (che sia detto esplicitamente da qualcuno, che sia specificato in una locandina vista per strada, che sia indicato da un libro sul comodino o in qualsivoglia modalità a vostra scelta) deve esserci un riferimento al passato, inteso come periodo storico o come background di uno dei personaggi, inserireuna foresta o un bosco, deve essere citato il dolce preferito del/della protagonista, bisogna scrivere un massimo di 5000 parole.

Per quanto mi riguarda è stata la tematica più complicata e più stimolante da quando ho iniziato a partecipare alla rubrica.

E' ACCADUTO DAVVERO?

Dicono che la pazienza è la virtù dei forti, ma decisamente va contro ogni mia convinzione perché io non sono mai stata paziente. La mamma ha detto che sono nata con due settimane d’anticipo perché non avevo pazienza di aspettare e questo aspetto del mio carattere è identico da tredici anni, credo che continui anche dopo.
Chi mi conosce sa benissimo che non amo aspettare eppure Christine, la mia migliore amica, mi lancia un’occhiataccia quando cammino avanti e indietro nella stanza impaziente. I suoi occhi azzurri mi fulminano come se fossero due laser e io sbuffo spazientita.
«Di solito leggi più veloce.»
«Sei tu che hai insistito perché lo facessi qui con te davanti, avevo ragione a voler aspettare. Forse è meglio che lo faccia a casa»
«No, no» la blocco subito rimettendomi a sedere sul letto. «Starò buona te lo prometto, leggi con calma.»
Annuisce soddisfatta e riprende il portatile proseguendo da dove si è interrotta. Non sono molte parole, le ricordo nitidamente perché quello che sta leggendo l’ho scritto io eppure ci mette troppo tempo. Quando apro la bocca per spronarla, mi lancia un’occhiata di fuoco.
«D’accordo, vado a prendere qualcosa da sgranocchiare»
«Buona idea.» Approva con un cenno del capo e poi mi guarda di sbieco. «E non tornare subito.»
Essere buttate fuori dalla propria stanza non è il massimo, ma credo di trasmettere un po’ d’ansia nelle persone, papà me lo ripete sempre.
In cucina apro quello che ho denominato il mobile delle schifezze e prendo le noccioline che ho comprato insieme alla mamma ieri al supermercato, sapevo mi sarebbero state utili.
Un leggero venticello entra nella stanza così chiudo meglio la finestra e mi accorgo che sta piovendo. Papà ha il turno di notte e di lui non mi preoccupo, forse sono di parte ma penso che sia il miglior medico del mondo e sarà al sicuro in ospedale. La mamma invece doveva fermarsi a giocare con le sue amiche, è fissata con i giochi di carte, ma credo quello sia anche lo sfogo per staccare la spina dopo intere giornate al lavoro al salone di bellezza.
Apro il frigorifero per prendere qualcosa da bere e per poco non mi prende un colpo perché Puffy è in alto e balza agilmente sulla mia spalla che usa come trampolino per atterrare sul tavolo.
«Sei troppo silenzioso, dovevamo chiamarti Ninja.»
 
                              
Per tutta risposta la gatta nera comincia a lavarsi ignorandomi completamente e io scuoto la testa prendendo due succhi di frutta. Non sono l’unica in questa casa a parlare con lei, è un’attenta ascoltatrice anche se non sembra, finge indifferenza ma poi non le sfugge niente.
«Chiamiamo la mamma» le dico afferrando il portatile dal ripiano. Potrei usare il cellulare ma se torno in camera adesso Christine mi ucciderà quindi il telefono fisso per quanto obsoleto è una gran invenzione.
«Bianca? Tutto bene?»
«Certo.» Sollevo gli occhi al cielo cercando di non sospirare. «Non ho incendiato casa, ho quattordici anni e so badare a me stessa»
«Lo so tesoro, ma mi stai chiamando dal numero fisso mi sono preoccupata»
«Sto bene» la tranquillizzo. «Sta piovendo un sacco, sicura che la macchina regga?»
Papà ha la fissa per le automobili infatti abbiamo due garage, uno intoccabile dove parcheggiano la sua auto d’epoca e la Ferrari su cui sono salita pochissime volte perché lui teme si rovini. Non capisco perché tenere merce di lusso inutilizzata e poi andare a lavoro con una semplice, la mamma invece adora quelle piccole modello per praticità e ricordo quanto sia instabile con l’asfalto bagnato.
«Ho pensato di fermarmi un altro po’ in attesa che piova di meno, ti avrei infatti chiamata da poco. Nel frigo ci sono le lasagne di stamattina, puoi scaldarle se hai fame, ce n’è abbastanza anche per Christine. Penso che anche per lei sia prudente non uscire»
«Sì tranquilla, ce la caviamo benissimo. Tu vinci anche per me così possiamo mangiare la torta all’ananas del negozio di Freddy.»
La torta all’ananas è il mio dolce preferito in assoluto. L’ho confrontato con altri, ma nessuno l’ha mai battuto soprattutto quello di Freddy. Mi viene l’acqualina in bocca al solo pensarci e la mamma lo sa benissimo perché scoppia a ridere.
«Non avevo dubbi l’avresti detto. Ci vediamo tra poco.»
Chiudo la telefonata e apro il mobile dove ci sono tutti i prodotti per gatti, potremmo sfamare un’intera cucciolata con tutta la roba che mamma compra per lei.
Puffy si solleva in piedi già capendo cosa sto per fare, la tolettatura è sparita dalle sue priorità e comincia anche a miagolare.
«Ecco, tutto per te.» Poso la ciotola piena a terra accanto a quella dell’acqua e prendo due cannucce dal cassetto, sollevo lo sguardo guardando l’orologio al muro e penso che Christine abbia avuto tempo a sufficienza da sola.
«Vado di sopra, ti lascio la lucetta accesa nel corridoio.»
Puffy sgranocchia contenta del tutto indifferente alle mie parole, ma io lo so benissimo che mi ha ascoltata e che quando si stuferà di stare da sola verrà in camera per avere un po’ di compagnia.
 
                          
«Rifornimenti arrivati!» esclamo con le braccia piene. La mia migliore amica solleva gli occhi dal pc, l’azzurro con cui mi guarda adesso è sfavillante e ne sono contenta, almeno non dovrò bucare il pavimento a furia di camminare. «Hai finito?»
«Sì, grazie avevo proprio sete.» Infila la cannuccia nella bottiglietta del succo di frutta e io mi siedo sul letto aspettando, ma ovviamente passano solo due secondi che la mia pazienza è già esaurita.
«Lo stai facendo apposta! Allora? Cosa ne pensi? Forza, dì qualcosa!»
«Calmati» mi ammonisce divertita. «Allora prima di tutto il titolo non funziona»
«Cosa?» esplodo alzando la voce. Adoro Christine proprio perché non ha peli sulla lingua quando deve darmi il suo parere ma stroncare già il titolo non mi sembra un buon inizio. «”L’avventura mozzafiato di Butch e Prue” è bellissimo! Ci ho messo un secolo per trovarlo!»
«Non lo metto in dubbio, ma secondo me “Il bosco di mezzanotte” è più d’effetto non pensi?»
Apro la bocca pronta a ribattere per far valere le mie idee, ma la richiudo perché in effetti ha ragione lei. Come al solito. Non so come faccia ma ogni volta riesce a trovare titoli più accattivanti dei miei e lei non scrive, legge soltanto. Secondo me è un dono.
«Ti convince di più vero?» Mi pungola un fianco già sapendo di aver vinto in partenza e io sbuffo contrariata.
«D’accordo, cambierò il titolo, ma andiamo oltre.»
«Certo.» Posa il succo a metà sul comodino e si sistema meglio sul letto incrociando le gambe, il pc in mezzo a noi con la pagina word del mio racconto. «Forse dovresti cominciare a firmarti con il tuo vero nome e non Rosa Ross»
«Che cos’ha che non va il mio pseudonimo» sbuffo irritata. Il rosa è il mio colore preferito e anziché Bianca avrei preferito farmi chiamare Rosa così ho deciso di utilizzare questo nome per i racconti che pubblico, è un po’ il mio alter ego in un certo senso.
«Nulla, ma sei brava Bianca e penso che tanta gente dovrebbe imparare a conoscerti davvero.»
Mi rilasso al suo tono sincero. Christine è una buona amica, ma è un giudice imparziale quando si tratta di libri. Ha letto così tanti libri che ho perso il conto e non le bastano i cartacei perché legge tantissimo anche in ebook, è diventata così esigente che difficilmente le piace tutto di qualche libro perciò quando dice che sono brava le credo. È stata la mia critica più difficile all’inizio, ma è anche grazie alle sue critiche e ai suggerimenti che mi ha dato che sono migliorata.
«Ci penserò» le prometto senza aggiungere altro perché al momento il nome Rosa Ross mi piace un sacco. Le faccio segno di proseguire e lei annuisce.
«Butch vive in un bosco fatato eppure non sa di avere dei poteri magici e quando comincia a utilizzarli lo fa per aiutare gli animali feriti, hai idea di quanto adori questo personaggio? Mi piace come hai descritto il modo in cui comanda il vento facendo riferimento al ciclone tropicale in Australia per spiegare la forza mai registrata nella storia, ma secondo me dovresti aggiungere anche una data, l’ho cercata on line mentre eri di sotto.»
Mi sporgo verso il pc dove a lato Christine ha scritto il 10 aprile 1996 con una raffica di 407 km orari ciclone tropicale Olivia. Non mi sorprende la sua precisione, ci tiene tanto a queste cose quindi annuisco grata.
«Ti ringrazio»
«Di nulla» minimizza, «un’altra cosa che ho apprezzato è l’accostamento agli Anemoi della mitologia greca così hai unito fantasy e miti, ma non avevo dubbi vista la sua passione.»
Sì, è vero sono una vera e propria fan della mitologia e lo dimostrano tutti i libri presenti nella mia libreria dove l’argomento trattato è sempre lo stesso: gli dei.
«Ma veniamo al momento clou: l’incontro di Butch e Prue. Hai creato una coppia stupenda e ora ho un’altra ship preferita, il loro rapporto che si evolve l’ho trovato davvero bello. Veniamo però a un punto importante, dopo che lui salva quello scoiattolo e lei cambia idea perché non ha più paura della sua magia pensavo che ci fosse un colpo di scena tipo che lei ha altri poteri, che delusione! E Butch si è un po’ troppo vantato dei suoi poteri secondo me.»
«Davvero? Dici sempre che le protagoniste normali ti piacciono tanto, non è quello che ripeti sempre ogni volta mi costringi a vedere una di quelle serie ambientate nella Corea del Sud?»
Christine sorride. «Non ti costringo, alla fine piacciono anche a te tutti altrimenti non mi chiederti di fermarmi qui per proseguire»
«Non mi piace lasciare le cose in sospeso» preciso per poi alzare gli occhi alla sua occhiata. «D’accordo, mi fanno appassionare anche se detesto vederle con i sottotitoli»
«Prima o poi andremo in Corea insieme» dichiara convinta. «E ci divertiremo un sacco, secondo me potresti anche prendere spunto per un prossimo racconto con un’ambientazione diversa d’altronde le ricerche migliori si fanno sul posto»
«Bel tentativo per tentarmi.» Sorrido divertita e poi scuoto la testa. «Stiamo divagando, perché non ti piace Pru se tu adori la semplicità?»
 
                                       
«Non ho detto che non mi piace, solo che credevo arrivasse un colpo di scena improvviso che...» Si blocca all’improvviso girandosi verso la porta insieme a me. «Cos’è stato?»
«Sta piovendo forse qualche finestra è rimasta aperta.» Il rumore stavolta è più forte, proviene dalla camera dei miei genitori, così mi alzo. «Vado a vedere.»
«Vengo con te»
«Christine» l’ammonisco, «Devo solo chiudere una finestra e vorrei ricordarti che sei stata solo in camera mentre fuori pioveva senza che sia successo niente»
«Lo sai che ho paura dei temporali e poi prima stavo leggendo.»
Lascio perdere la sua spiegazione che non ha nulla di logico e apro la camera da letto, controllo le ante, ma è tutto chiuso così mi sposto nel bagno ma anche lì tutto nella norma.
«Che strano, ero certa il rumore provenisse da qui»
«Qualsiasi cosa fosse è sparita.» La mia amica è più rilassata quando torniamo nella mia stanza e si lancia sugli snack ancora sul letto. «Tornando a prima, pensavo davvero che Pru avesse anche lei qualche potere magico e invece mi hai sorpreso, ma in senso positivo, è bello quando non capisci già cosa deve succedere»
«Volevo qualcosa di diverso» asserisco sedendomi sul letto e affondando la mano nella busta di noccioline che lei ha già aperto. «Perché pensi che Butch si stesse vantando? Credevo ti piacesse»
«E infatti è così, soltanto che in quell’occasione ha parecchio strafato e poteva evitare. Sì, ok comandi il vento, ma non c’è bisogno di essere così presuntuoso da...»
Stavolta il tonfo secco di qualcosa che è caduto a terra arriva con forza. Ci alziamo nello stesso momento e io cerco di placare la sua aria preoccupata mentre scendiamo le scale.
«Sarà di certo stato Puffy. Puffy! chiamo alzando la voce. «Puffy dove sei?»
Ovviamente la nostra gatta ascoltatrice non si sogna di rispondere, non lo fa mai eppure sono certissima mi abbia sentita. In cucina vedo la ciotola che prima ho riempito ancora a metà ed è strano perché lei spazzola sempre tutto a tempo record.
«Puffy!» Stavolta grido guardandomi intorno e controllo per sicurezza anche le finestre, ma sono tutte chiuse.
«Bianca!» esclama Christine dal soggiorno, la raggiungo subito e lei mi mostra due cornici a terra con il vetro infranto. Sul camino abbiamo un gran numero di fotografie esposte, è la passione della mamma scattare sempre foto e poi comprare cornici adatte da utilizzare. Contrariamente alla stragrande maggioranza delle persone non usa il cellulare, ma macchine fotografiche all’avanguardia che ovviamente non mi fa mai toccare per paura che si rompano. Su questo assomiglia molto a mio padre, ma almeno lei usa i suoi giocattoli cosa che invece papà non fa con le sue macchine.
Scuoto la testa decisa a non trovare la logica in due adulti e guardo il disastro che si è creato. «Vado a prendere una scopa.»
 
                               
«Aspetta.» Christine mi trattiene per un braccio, è agitata mentre indica a terra. «Hai visto?»
«Sì, certo sto andando appunto a...»
«Hai visto quali foto sono cadute?»
«Che vuol dire quali...»
«Guarda!» esclama sempre più in ansia e io mi chino con lei sospirando. Quando ci sono i temporali diventa una paurosa di prim’ordine, se non sapessi che ne ha davvero il terrore la prenderei in giro all’infinito invece come al solito mi tocca aspettare che le passi questo momento di terrore frequente.
«Cosa devo ve...»
«Guarda!» ripete quasi spaccandomi un timpano. «Ci sono io in quelle foto! Siamo noi due insieme!»
Mi massaggio l’orecchio come se questo bastasse a placare il senso di stordimento e in effetti noto che le due cornici cadute hanno all’interno due foto di noi due. Christine frequenta questa casa da quando andavamo all’asilo, la mamma la considera parte della famiglia anche perché va molto d’accordo anche con sua madre che più volte mi ha chiesto di chiamarla zia quindi fare foto anche a lei è sembrato naturale anzi sono contenta di non essere l’unica modella per i suoi esperimenti fotografici. Ci sono parecchie foto di noi da bambine, ma forse queste che sono cadute sono tra le più vecchie.
«Ricordo quel giorno, eravamo...»
«Bianca! Concentrati!»
«Senti Christine o la smetti di urlare in questo modo...»
«Devi accendere il cervello» mi interrompe lei sempre più agitata. «E ragionare con me»
«D’accordo, prendo la scopa mentre tu ragioni perché se torna la mamma e trova il vetro a terra altro che cornice rotta.»
«Va bene, ma fa in fretta.»
Alzo gli occhi al cielo senza rispondere e poi vado nello sgabuzzino recuperando ciò che mi serve, mi guardo ancora intorno per capire Puffy dove sia, ma è molto probabile che il rumore di prima l’abbia fatta spaventare e si sia rintanata da qualche parte al sicuro.
Quando torno in soggiorno, guardo appena Christine che si tormenta le mani come fa sempre quando è preoccupata e velocemente raccolgo il vetro per gettarlo nell’immondizia. La mamma non sarà contenta, lei adora quelle cornici che sceglie con cura ogni volta e mi chiedo come...
«Bianca, ora devi ascoltarmi.»
La pioggia batte contro le finestre e lei sussulta sebbene siamo perfettamente al riparo, ma non accenna a muoversi anzi mi guarda in attesa. «Nella tua storia hai detto che Butch aveva ereditato il suo potere da Eolo»
«Esatto.» Rimetto a posto scopa e paletta e la fisso perplessa per quel cambio d’argomento. «Mi piaceva l’idea che la magia fosse collegata anche alla mitologia e secondo me Eolo non è un personaggio che viene citato molto»
«Sì, d’accordo ma non è questo il punto. Nella mitologia c’è sempre un fondo di verità e adesso questa cosa mi sta spaventando»
«Veramente sei tu che mi stai spaventando, si può sapere cosa stai dicendo?»
Si avvicina cautamente e poi abbassa la voce come se qualcuno la potesse sentire nonostante siamo le sole in casa. «Penso che il re dei venti si sia offeso.»
Non dovrei, so che non dovrei, ma scoppio a ridere così forte che quasi mi lacrimano gli occhi e poi mi dispiace perché nello sguardo della mia amica c’è una furia così cieca che devo sforzarmi di calmarmi.
«Scusa Cris, non volevo, però dai, il re dei venti si è offeso, ma cosa dici? Sei sicura di star bene?»
«Io sto benissimo e non sto vaneggiando, anzi te lo dimostro»
«Senti, lasciamo perdere. In attesa del temporale vediamoci una di quelle serie che ti piacciono e dimentichiamo tutto»
«Quando Butch ha usato per la prima volta i suoi poteri si è comportato con grande superficialità diventando vanesio all’eccesso.»
 
                                
Ha alzato la voce anche se siamo a pochi centimetri di distanza, prima che possa rimproverarla però sentiamo un rumore dal soggiorno e stavolta sobbalziamo entrambe.
«Che ti ho detto!» strilla in ansia. «Ogni volta che rimprovero i poteri di Butch il re dei venti si arrabbia ed ecco perché ha gettato soltanto le mie foto a terra, ci sta ascoltando!»
Oltre ad amare quelle serie che suo malgrado hanno appassionato anche me, Christine è una fan dei paranormale romance, ne legge parecchi e penso che si stia lasciando influenzare da quelle letture ma resto in silenzio perché ho già rovinato le cose ridendo prima e voglio evitare si arrabbi soprattutto viste le condizioni in cui si ritrova. Sta delirando e la cosa assurda è che non ha nemmeno la febbre. La seguo mentre corre nel soggiorno, una finestra è spalancata, vento gelido e anche acqua sta entrando ovunque e mi affretto a chiudere.
«Dammi una mano!» esclamo chiudendo gli occhi quando la pioggia mi colpisce in pieno viso. Non ho mai visto un vento così forte, ma mi rifiuto di prendere in considerazione le assurde teorie di Christine, insieme riusciamo a chiudere, ma siamo zuppe. «Ora dovremmo star tranquille, questa forse non era chiusa bene»
«Oppure Eolo ha usato il suo potere.»
Non rispondo, mi incammino verso le scale. «Andiamo di sopra a cambiarci o ci verrà un raffreddore, ti presto qualcosa. Poi ci vediamo qualcosa su Netflix e smettiamo di parlare del mio racconto d’accordo? La mamma ha lasciato le lasagne in frigo, più tardi possiamo mangiare.»
«Va bene.» Finalmente torna a sorridere e io mi complimento con me stessa per essere riuscita a distrarla. Dall’armadio prendo due tute pulite e ci cambiamo in fretta mettendo i vestiti bagnati nella cesta della biancheria, non è la prima volta che ci scambiamo gli abiti perché portiamo la stessa taglia ed è motivo per cui le nostre madri adoravano andare a fare shopping insieme quando eravamo più piccole. Adesso per fortuna scegliamo da sole cosa comprare anche se devo ammettere che la mamma ha un ottimo gusto per l’abbigliamento e anche se fingo il contrario sono contenta quando mi dà il suo parere e mi aiuta a scegliere cosa indossare.
Mi sto legando i capelli in una coda alta quando Christine torna sul letto e riprende il pc ancora acceso. La pagina word è ancora aperta e così il mio racconto, lo guarda per un attimo prima di spostare i suoi occhi azzurri a guardarmi.
«Mi piace tanto, non te l’ho detto subito, ma è così. Secondo me sei diventata ancora più brava e dovresti seriamente prendere in considerazione l’idea di pubblicare una raccolta di racconti, sono sicurissima andrà alla grande.»
Non è la prima volta che mi concede il suo appoggio spronandomi a fare il grande passo e gliene sono grata perché so che lo dice con sincerità. Non nego che vedere il mio nome pubblicato da qualche parte sarebbe grandioso, magari in futuro mi sentirò più pronto acquisendo quella sicurezza che adesso ancora mi manca perché temo di non piacere a nessuno. Per il momento mi accontento di wattpad e sono sempre contenta dei commenti che ricevo, ma quello di Christine vale più di tutti.
La abbraccio forte perché amo scrivere, ma dire a parole ciò che sento è molto complicato quindi la stringo forte ed esprimo tutto il mio pensiero.
 
                                          
«Per quello c’è ancora tempo, intanto adesso che ho avuto il tuo ok posso pubblicarlo sulla piattaforma, ma lo faccio con calma adesso scegliamo cosa vedere»
«Meglio che tu lo faccia subito» obietta Christine. «Sai Eolo potrebbe anche...»
Sollevo gli occhi al cielo e lei prosegue agitata. «...arrabbiarsi di nuovo perché non vede la sua storia on line quindi è meglio se fai subito e no, non guardarmi in quel modo e dammi retta.»
Voglio sul serio lasciar perdere, ma decido di accontentarla così forse si toglierà dalla faccia quest’espressione così tormentata e potremmo voltare pagina. Se avessi pensato che farle leggere un mio racconto avesse causato tutto questo avrei rimandato a domani. Afferro il pc e apro il link del sito collegandomi con il mio account per pubblicare la nuova storia, mi soffermo su qualche commento ricevuto e poi volto il pc dietro di lei.
”Pubblicato” lampeggia a chiare lettere. «Soddisfatta?»
«Sì.» Sospira lungamente e poi sorride. «Adesso possiamo anche continuare il programma per la serata.»
Sollevata apro netflix, lascio a lei la scelta e intanto svuoto le noccioline in un recipiente che conservo sempre sotto il comodino così possiamo mangiare mentre ci godiamo la serie. Ben presto la pioggia, la cornice rotta e quella sua assurda convinzione di Eolo spariscono e ne sono contenta, siamo prese completamente dalla scena di due ragazzi che si stanno per confessare amore eterno quando di colpo salta la luce. Il tuono che segue poco dopo mi fa pensare che la pioggia sia peggiorata senza che ce ne rendessimo conto, subito afferro il telefono e accendo la torcia.
«Proprio nel momento più importante» sbuffo contrariata. «E ora dobbiamo scendere di sotto?»
«Perché?» chiede alzando la voce Christine.
«Devo controllare dove sia Puffy, è troppo tempo che non si vede in giro e se torna la mamma e non la vede in perfetta forma sai che va in ansia.»
Tecnicamente ero io a volere un gatto in casa solo che poi la nostra quattrozampe ha scelto mia madre come padrona e il sentimento di affetto è reciproco, quelle due si adorano e io ho smesso di essere arrabbiata con entrambe, beh almeno non tanto come una volta.
«Lei vede benissimo al buio quindi saprà orientarsi, ma voglio controllare che sia tutto in ordine» spiego mentre mi alzo dal letto. Avverto i passi della mia migliore amica accanto a me, mi afferra un braccio.
«Il mio cellulare è morto e non voglio cadere per tutte le scale quindi scendiamo insieme. Prima che tu mi rimproveri, è colpa tua perché mi hai distratto a leggere il racconto appena sono entrata»
«Si va bene, è sempre colpa mia» sbotto mentre scendiamo. Lo facciamo con cautela perché in fondo ha ragione, ruzzolare al piano di sotto è questione di un attimo senza luce. La casa è avvolta nel buio e il temporale all’esterno non aiuta a vedere meglio, qualche luce d’emergenza si è attivata in cucina l’unico posto dove papà ha deciso di metterle in caso di blackout come questo, avrei preferito fossero ovunque, ma meglio di niente.
«Puffy!» grido facendo luce con la torcia ovunque. La ciotola della sua pappa è ancora a metà come prima e lo trovo davvero strano, non è da lei.
Apro l’ultimo cassetto della dispensa e consegno alla mia amica una torcia che per fortuna mio padre tiene sempre al solito posto. «Controlla sotto quei mobili, io faccio il lato opposto, non può essere andata lontano.»
Il rumore della pioggia che sbatte contro i vetri è l’unico che sentiamo per qualche minuto concentrate nella ricerca, guardiamo ovunque ma in cucina non c’è nessuna traccia.
«Puffy!» grida a voce più alta Christine. Prende la sua ciotola e comincia a scuoterla ben sapendo che di solito basta questo per farla correre ovunque si trovi, ma nemmeno quel gesto riesce a farla uscire allo scoperto. «Proviamo nel soggiorno.»
Ci spostiamo cercando nei suoi posti preferiti e dopo passando in rassegna ogni piccola fessura dove possa essersi infilata, ma ancora nulla e adesso non posso negare di essere parecchio preoccupata.
Esaminiamo con attenzione tutti gli angoli della casa grazie alle torce, ma della gatta nessuna traccia e la luce non è ancora tornata.
«E se fosse uscita?» chiedo a bassa voce come se esternare questo pensiero pericoloso fosse rischioso. «Prima la finestra non era chiusa bene e se in un’altra stanza si fosse aperta e non ce ne fossimo accorte?»
«Puffy detesta l’acqua» mi ricorda. «Non andrebbe mai volontariamente fuori con questa pioggia, a meno che...»
«A meno che...»
«Qualcuno che ha scelto di non farsi vedere l’abbia presa e portata via»
«Qualcuno?» ripeto strillando. «Pensi sia entrato un ladro in casa?»
«Non un ladro» replica con calma. «Eolo.»
«Senti Christine, non è assolutamente il momento di...»
Il rumore alla finestra mi impedisce di proseguire la frase, quando mi giro penso che la vista mi stia facendo brutti scherzi così punto la torcia e l’immagine di Puffy fuori al freddo è ancora più nitida.
 
                                   
«Prima di aprire dovresti...»
Non ho tempo per ascoltare i vaneggiamenti della mia migliore amica, spalanco la finestra e afferro la gatta bagnata che miagola debolmente. Apro la zip della mia felpa e l’asciugo più che posso mentre stringo il suo corpicino bisognoso di calore.
Grazie alla forza del vento la pioggia entra in maniera diagonale e ci bagna ovunque, sto per chiedere a Christine di chiudere la finestra visto che ho le mani occupate, ma la guardo portare dalla cucina una pentola con un coperchio.
«Cosa stai facendo?»
«Catturo i venti, la forza non è di uno solo non vedi? Dobbiamo contenerli e poi scusarci perché non sono io l’unica che deve scusarsi»
«Ma di cosa stai parlando?»
«Nel tuo racconto! Quando Butch comincia a misurarsi con il suo potere e diventa sempre più bravo inizia a fare pensieri su quante cose belle potrebbe fare utilizzando questo talento, cose per migliorare la vita degli altri senza fare danni come Eolo perché lui ha sbagliato a non dire subito di non aprire l’otre che dona a Ulisse e i suoi compagni.»
Ho davvero scritto quelle cose, ma questo non vuol dire che...
«Sbrigati, ho bisogno di una mano!»
Christine cerca senza successo di mettere il coperchio sulla pentola che sembra pesare un macigno, ma è impossibile, il vento non ha peso. Non posso però restare ferma a guardare quindi vado ad aiutarla, con molta fatica riusciamo a chiuderla e poi mi affretta a sbarrare la finestra. Il pavimento è bagnato e anche noi siamo di nuove zuppe.
«Non volevamo offenderti» esordisce Christine posando a terra la pentola e mi guarda allusiva. «Io e Bianca non avevamo nessuna intenzione di sminuire il tuo potere»
«Assolutamente no» rispondo dopo un attimo aggiungendo alla sua occhiata intensa. «Era pura invenzione creare un personaggio che si credeva migliore, ma non lo penso.»
Mi sento sciocca a dire queste cose ad alte voce, ma Christine annuisce e l’attimo dopo la luce torna e sobbalzo dopo quel buio prolungato.
«Si è calmato» sospira sollevata la mia amica. Non so cosa dire, poi mi rendo conto soltanto adesso che Puffy non è nella mia felpa e mi guardo in giro frenetica. Sto per chiamarla quando apro gli occhi di colpo e mi ritrovo nel mio letto. Cercando di placare il battito impazzito del mio cuore, guardo il racconto che ho appena finito di scrivere e allontano il pc per alzarmi e correre di sotto nell’esatto momento in cui la suona il campanello
«Bianca, vai tu!» urla la mamma dalla cucina. Ancora intontita apro la porta e Christine entra di colpo battendo i piedi sul tappeto.
«Che tempaccio hai visto?»
Non rispondo, il ricordo del sogno appena vivido mi occupa la mente. Ascolto distrattamente che sta salutando la mamma in cucina a preparare la cena con Puffy al suo fianco, lei però si accorge che qualcosa non va perché mi guarda con un gran sorriso.
«Sto che stai morendo dalla voglia di chiedermelo perciò evito altra suspance: ho letto il racconto che mi hai mandato e l’ho adorato!»

                                

La mia espressione non è entusiasta come deve essere e Christine se ne accorge.
«Ehi, che succede?»
La tiro in camera e soltanto quando ho chiuso la porta le racconto del mio sogno. Per qualche secondo non parla come assimilando le mie parole poi i suoi occhi azzurri si accendono di interesse.
«Hai una vena creativa anche nel sogno, secondo me dovresti sfruttare questa cosa per un altro racconto. Diventerebbe un paranormal e non ne hai mai scritti nonostante abbia provato a farti uscire dalla tua confort zone.» Adesso è eccitata e mi stringe le mani con enfasi. «Devi provarci assolutamente, la trovo un’idea grandiosa. Eviterei soltanto di descrivere la sottoscritta con un’ansia così perenne, io non sono così!»
Scoppio a ridere più rilassata da quando mi sono svegliata. Ecco perché adoro questa ragazza, riesce sempre a farmi trovare il sorriso. Restiamo a chiacchierare di tutto mentre il ricordo angosciante del sogno sparisce, è stato anche piuttosto lungo rispetto ai sogni normali, ma Christine ha ragione. Lo sfrutterò a mio vantaggio e quando ci penserò non mi farà più paura. Scendiamo di sotto quando la mamma ci chiama per cena con mille idee in testa che non vedo l’ora di mettere su un nuovo foglio word.
«Puoi controllare che la finestra sia chiusa in soggiorno?» chiede mia madre quando entriamo in cucina. «Mi è sembrato di sentire un rumore.»
L’accontento già pregustando le lasagne, ma mi fermo nel mezzo della stanza quando vedo una cornice a terra rotta. È la stessa che si era rotta nel sogno. Guardo verso la finestra dove il vento adesso sembra ululare e capisco che dovrò scrivere un racconto intero solo su Eolo.
Stavolta lo farò essere un personaggio totalmente positivo, magari un po’ permaloso ma questo non si discosta di troppo dalla verità a giudicare da quello che è successo.
Ma è accaduto davvero o era solo un sogno?

                                   

Siamo giunti alla fine.
Piccola confessione. Guardando indietro tra i vari racconti scritti per questa rubrica non è quello che preferisco, contrariamente agli altri questo non mi rende del tutto soddisfatta quindi leggerò più che volentieri ogni vostro commento

                                                  

         Copyright @ 2024 Susy Tomasiello

Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

                                

 



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