sabato 10 luglio 2021

Rubrica: Storytelling Chronicles: Tenero amore di Giusy Marrone

Buon sabato amici lettori.
Come ormai da un po' questa è la giornata dedicata alla scrittura, ma oggi lascio spazio alla mia amica Giusy Marrone con la partecipazione alla Rubrica Storytelling Chronicles.



Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog  La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish Kingdom
Questo mese bisogna scegliere un autore/autrice preferito, utilizzare il suo metodo narrativo e scegliere uno dei personaggi indicativi.
Lascio quindi la parola a Giusy.

Fonte

Prendo spunto da “L'ultima canzone” di Sparks, il mio autore preferito : la storia è in terza persona, una storia romantica come nel suo stile. 
La protagonista del romanzo è una ragazza, Ronnie. 
La mia protagonista è una ragazza più timida di lei ma con lo stesso cuore d'oro.


TENERO AMORE

La notte appena trascorsa era stata molto faticosa per Chiara. 
La nonna dormiva profondamente grazie ai sedativi, ma tra l’ansia che l'attanagliava, la scomoda sedia su cui tentava di dormire e gli incessanti rumori del reparto non aveva chiuso occhio nemmeno per un minuto. 
Erano le cinque del mattino quando decise di uscire in corridoio per fare due passi e sgranchirsi un po’. C’era una tale pace in quel momento, in netto contrasto con la frenesia delle ultime ore trascorse tra il via vai degli infermieri e i lamenti dei degenti. In quel corridoio vuoto qualcosa, o meglio qualcuno, catturò la sua attenzione: un ragazzo, della sua età probabilmente, con lo sguardo così triste e al contempo dolce che la colpì al cuore con una tale forza da spiazzarla. 
Erano soli e i loro occhi non poterono fare a meno di incrociarsi. Da un capo all’altro del corridoio si scambiavano sguardi furtivi, abbassando subito gli occhi appena l’altro lo scopriva. Anche nelle ore successive, quando la confusione tornò a impossessarsi del reparto, per Chiara non c’era altro che quello sguardo triste nella mente. 
La nonna pian piano stava migliorando, così l’angoscia si era un po’ attenuata e i suoi pensieri avevano modo di spostarsi dall'ansia per la salute di colei che più amava al mondo a quel ragazzo fragile e delicato che le aveva toccato il cuore così intensamente. 
Mentre la nonna dormiva, Chiara passava il tempo con gli altri pazienti, le piaceva parlare con loro ma, dalla notte appena trascorsa non desiderava altro che parlare con un’unica persona. 

                                    

Si sentiva meno timida con gli anziani, era più a suo agio con loro che con i coetanei, e comunque erano sempre gli altri a rivolgerle la parola per primi. Odiava la timidezza che le impediva di avvicinarsi a colui che aveva preso possesso della sua mente con una tale intensità da farle quasi paura. Sapeva di non essergli indifferente, perché passava molto tempo davanti alla finestra del corridoio che era difronte alla stanza della nonna. Dal suo modo di fare, Chiara aveva intuito che anche lui era timido. 
Mentre era seduta a fare compagnia a nonna Melissa, lei leggeva uno dei suoi amati libri e, alzando lo sguardo, spesso, lo sorprendeva a guardarla.
Una sera, quando aveva oramai perso la speranza di scambiare almeno una parola con lui, lo vide in
corridoio. 
Erano soli, come la prima volta che si erano visti. 
Quella fragilità, che aveva tanto colpito Chiara, in quel momento arrivò a commuoverla. Aveva saputo che la sua famiglia era lontana e che lui, Paolo non aveva nessuno vicino. 
Lo vide perdere l’equilibrio e corse subito a sorreggerlo. Lui si appoggiò a lei quasi con disperazione e Chiara si perse nel dolore che offuscava quei meravigliosi occhi nocciola.
- Scusami! -
Le disse in un sussurro, imbarazzato. Le sue mani tra quelle di Chiara sembravano bruciare. Le chiese di accompagnarlo nella sala d’aspetto, e sorreggendolo con dolcezza lei lo fece sedere. 
Paolo, ancora scosso per il malore, sembrava un pulcino indifeso. Non volle che lei andasse a chiamare un'infermiera, era abituato, le disse, a quei malori e sapeva che sarebbe passato presto. 
Chiara, che si era sempre ritenuta fragile, voleva essere forte per lui. Parlarono a lungo, quella notte, lui le raccontò che doveva fare dei ricoveri periodici fin da quando era bambino, erano una routine oramai, condannato da quella rara malattia a combattere sempre.
- Mi chiedo spesso che senso abbia lottare se poi sono sempre qui, come un giocattolo rotto che non si può aggiustare. - Lo disse con lo sguardo basso, incredulo per aver confessato qualcosa che non aveva detto mai a nessuno. 
Lei gli sorrise.
- C'è sempre qualcosa per cui vale la pena lottare e non arrendersi. -

                    

La dolcezza della voce di Chiara erano come una musica per Paolo e quando, pochi istanti dopo, i loro
occhi si incontrarono nessuno dei due abbassò lo sguardo. 
Lei gli tenne la mano e lui sembrò acquistare forza da quel contatto. 
Quando alle tre andarono a dormire si sentivano entrambi più sereni. Dopo qualche ora di sonno, Chiara era impaziente di rivederlo e sperava che anche per Paolo fosse così. Lei guardava spesso in corridoio e, quando finalmente lui apparve, bellissimo e riposato, il suo cuore accelerò i battiti in una danza magnifica. 
Appena si avvicinò a lui Chiara ricevette il regalo più bello che avesse mai potuto sognare, un sorriso così dolce e vero da scaldarle l’anima. In quel momento seppe di amarlo. Non importava che lo conoscesse solo da poche ore, il sentimento che sentiva dentro di sé era troppo intenso per non dargli un nome. Lo amava come non aveva mai amato nessuno. Lei, il brutto anatroccolo, come si era sempre sentita, riceveva in dono quel meraviglioso sorriso da un angelo bellissimo. 
Paolo si avvicinò e le presa la mano e dopo un saluto le chiese se voleva scendere a prendere un caffè al bar dell’ospedale. Lo trovò talmente diverso, quella mattina, da sorprenderla. Era rilassato, allegro e non aveva quasi più l’aspetto di un malato.
Nei giorni successivi non fecero altro che parlare, raccontandosi i loro sogni. Lui voleva solo guarire e
non riusciva a desiderare altro per il suo futuro. Chiara, all’ultimo anno di Liceo, voleva studiare medicina, era il suo sogno da sempre, aiutare gli altri era l’unica cosa che le importava davvero. In quei momenti rubati, traevano forza l’uno dall’altra. A Chiara mai il suo nome era parso così bello come pronunciato dalle sue labbra, suonava come una carezza, una brezza leggera appena sussurrata.

                       

Nonna Melissa stava sempre meglio e presto sarebbe stata dimessa. La felicità per questa bellissima notizia contrastava con quello che significava lasciare l’ospedale. Non avrebbe più potuto vedere Paolo,
colui che era diventato il sole che le illuminava i giorni e la stella che brillava sui suoi sogni. 
Una mattina, dopo aver preso il loro solito caffè, lui le propose di salire in ascensore invece che fare le scale. Chiara accettò subito, le sembrava che Paolo fosse un po’ affaticato a causa dell'estenuante terapia a cui era sottoposto. 
Una volta in ascensore, lui cominciò ad accarezzarle i capelli e piano piano le sue mani scesero a sfiorarle il viso fino a posarsi infine sulle labbra. 
La sua bocca, lieve e dolcissima, incontrò la sua e un calore sorprendente si fece strada in ogni angolo dei loro corpi. Paolo le baciò le palpebre e il collo con un lentezza devastante, ogni carezza, fatta da quelle mani bellissime, era una scoperta. Le dita tremanti di Paolo bruciavano sulla pelle di Chiara come un fuoco incandescente. 
Quando l’ascensore si fermò al piano, si staccarono, tremanti e confusi dall’intensità di quel momento. Chiara pensò quasi di aver sognato ma, la mano di Paolo stretta tra le sue la riportarono alla realtà, una meravigliosa realtà.
Due giorni dopo, la nonna venne dimessa e Chiara non poteva fare a meno di piangere quando salutò Paolo, ma fu lui a consolarla, lui costretto a rimanere lì, si dimostrò il più forte dei due. 
Chiara gli promise che avrebbe telefonato tutti i giorni e che sarebbe andata a trovarlo ogni volta che poteva. Quando, a casa, raccontò a sua madre dell’amore nato in ospedale lei la sorprese: abbracciandola le disse di lottare per lui se lo amava davvero e di stargli vicina.
Ogni pomeriggio, dopo la scuola, prendeva il pullman e andava da lui. Rimaneva con Paolo fino a sera,
parlandogli, tenendogli la mani e baciandolo in ascensore. Chiara temeva di essere solo un'ancora,
una spalla a cui appoggiarsi, non sapeva se anche lui sentiva lo stesso profondissimo amore che provava lei.
Un giorno lui la sorprese con un regalo e le disse:
-T i ho mai detto quanto ti amo? -
Lei scoppiò a piangere di felicità per la prima volta in vita sua.
- Anch'io ti amo, mio piccolo angelo. -
Gli disse Chiara tra le lacrime. 
Quando aprì, con mani tremanti, il pacchetto trovò un ciondolo a forma di cuore, la cosa più bella che lei avesse mai visto.
- Così saprai di avere sempre il mio cuore con te. L’ho ordinato su Internet, ma quando uscirò da qui te
ne comprerò uno più bello. -
- Quando uscirai di qui sarà il regalo più bello, non ho bisogno d’altro. E poi adoro questo cuore e quello che rappresenta. -
Qualche settimana dopo il suo piccolo, fragile ragazzo era fuori dall’ospedale, debole lo era ancora ma
insieme sarebbero stati forti. Avevano impiegato pochi attimi per innamorarsi ma
avrebbero avuto il resto della vita per conoscersi, anche se le loro anime e i cuori si erano riconosciuti
nell’istante in cui avevano posato lo sguardo l’uno sull’altra.

                                      

E siamo giunti alla fine, allora cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti!

                                               

Copyright @ 2021 Giusy Marrone
Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

 

 

5 commenti:

  1. Per mio parere personale preferisco più dialoghi invece delle tante descrizioni ma a parte il mio pensiero soggettivo c’è tanta dolcezza in questa storia, tanto amore che trasmetti e che un po’ credo ti rappresenti.
    Ronnie da cui hai preso spunto è un bel personaggio anche se come dici tu la tua protagonista è più timida, molto aggiungerei conoscendola ma lo stile che hai adottato così delicato e semplice è senza dubbio sulla scia di Sparks e quindi per me l’obiettivo di questo mese è più che raggiunto.
    Continua a scrivere perché migliori senza dubbio ogni volta di più

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  2. Ciao. Ammetto di non aver letto il libro dal quale hai preso spunto, ma conosco un po' lo stile dell'autore quindi direi che hai rispettato la consegna. La storia è breve, piena di romanticismo, amore, un po' di dolore e speranza. Per quanto io preferisca conoscere i dettagli di tutto, capisco che la storia breve non permette di scrivere tutto e quindi vengono scelte le cose più importanti. Tu hai messo in luce l'amore dei personaggi e il loro legame che si è creato piano piano e hai fatto benissimo.
    A presto

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  3. Ciao Giusy! Conosco bene il romanzo a cui ti sei ispirata ed adoro Nicholas Sparks. Credo che tu abbia colto bene il tema del mese: l'autore racconta tutti i modi in cui l'amore può ferire o guarire, spesso contemporaneamente, ed anche tu l'hai fatto con questa tua storia. Chiara ha la stessa età di Ronnie ma per carattere mi ricorda di più la protagonista de "I passi dell'amore". Ho temuto che non ci sarebbe stato l'happy ending, conoscendo Nicholas Sparks, invece il finale della tua storia ha dato tanta speranza. Ti segnalo solo, ad un certo punto, "La dolcezza della sua voce ERANO": sarebbe più corretto "ERA", secondo me. Per il resto brava davvero!

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  4. Ciao Giusy,

    Non avendo mai letto nulla di questo autore mi affido alle altre sul rispetto del tema 😉
    La storia in sé è davvero dolce e romantica, anche se l’incertezza della malattia le dà una nota agrodolce che comunque non stona. Avrei preferito una lettura più immersa nei personaggi e meno narrata da questa voce esterna, ma resta comunque un racconto intenso.

    Alla prossima,
    Federica

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