Come ormai sapete da un po', questa giornata è dedicata ai racconti, più precisamente a una rubrica che adoro e a cui sono felice di partecipare.
Uno dei motivi per cui mi piace è perchè mi permette di scoprire penne nuove come quelle della mia amica Giusy che, sono certa, conquisterà tutti con la sua dolcezza.
Oggi cedo la parola a lei e lo faccio con vero piacere.
Questo mese il tema da scegliere era tra vari proposti da Lara e Giusy ha deciso di utilizzare: la Montagna.
Ascoltarla leggere accanto a lui era una cosa a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. Le salite in montagna avevano accompagnato i loro passi da che ne avevano memoria, il primo bacio era avvenuto lì, quando Marco porgendole il primo bucaneve della stagione, le aveva sfiorato le mani e poi, in pochi passi aveva annullato la distanza posando con timore le labbra sulle sue. Quando lei non si era ritratta lui aveva avuto la conferma che quel batticuore, che da un po’ lo invadeva in sua presenza, non era un’illusione ma una dolcissima realtà.
Le loro amate montagne, da sempre sinonimo di vita e bellezza atavica e splendente, erano diventate un campo di morte e disperazione. Si chiedevano se, un giorno, a guerra finita, sarebbero riusciti ancora a guardarle con sguardo d’amore. I mesi di conflitto avevano fiaccato le loro difese, erano a corto di viveri, tutti facevano i salti mortali per portare qualcosa in tavola. Anna, benché più fortunata di altri, essendo la figlia del sindaco, era dimagrita come tutti. Cercava però, di portare qualcosa alle famiglie più povere, ma erano talmente tante le persone in difficoltà, i bambini malnutriti che sembravano scomparire nei loro abiti, che si sentiva impotente. Le straziava il cuore dover decidere a chi portare un pezzo di pane o delle patate e, spesso metteva via una buona parte del suo pranzo, si sarebbe sentita in colpa a consumare un pasto quando tanti non avevano nemmeno a briciola da dare ai loro figli. Guardava i vestiti danzarle addosso e si ritrovava a pensare che, Marco, una volta tornato, l’avrebbe trovata brutta e pallida. Poi scacciava subito quel pensiero sciocco, in momenti simili era già un miracolo sopravvivere. Quando aveva scritto quel concetto in una delle sue lettere, lui l’aveva subito rassicurata: non avrebbe mai potuto apparirle brutta, sarebbe stata sempre la più bella ragazza del mondo, anche quando avrebbe avuto cent’anni, la sua ragazza. A quell' aggettivo possessivo lei aveva sorriso, Marco era sempre stato geloso, sin da quando erano bambini, aveva voluto la sua compagnia esclusiva e lei era sempre stata felice di accordargliela, perché l’unica cosa che aveva sempre voluto era passare il suo tempo con lui. Sognava le loro scarpinate in montagna, quando si sedevano a riposare all’ombra di un larice, lui intento a cesellare nel legno quelle bellissime statuine che era capace di creare, e lei a leggere qualche passo da un suo libro, in quei momenti non avevano bisogno di niente e nessuno per essere felici. Era intenta a ripensare a quei momenti preziosi, così spensierati e lontani, e quasi non si accorse dell’ombra che si stava avvicinando, se non solo quando arrivò a coprirle il sole, oscurando le pagine che aveva davanti.
Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish Kingdom
Buona lettura.
1917- Carnia La lettera era arrivata tre giorni prima e, anche se la conosceva oramai a memoria, dopo averla letta e riletta un’infinità di volte, Anna la portava sempre con sé, unico segno che le provava che lui era vivo. Dopo quasi un mese trascorso senza ricevere sue notizie, giorni passati nella disperazione e nello sconforto, ricevere quella busta aveva spalancato il cuore di Anna alla speranza e, non riusciva a separarsene. Le sembrava quasi di vederlo Marco, tra le montagne, in un momento di apparente, quanto ingannevole calma, seduto su di una roccia a scrivere a lei, poche righe per farle sapere che stava bene e che era sempre nei suoi pensieri.
1917- Carnia La lettera era arrivata tre giorni prima e, anche se la conosceva oramai a memoria, dopo averla letta e riletta un’infinità di volte, Anna la portava sempre con sé, unico segno che le provava che lui era vivo. Dopo quasi un mese trascorso senza ricevere sue notizie, giorni passati nella disperazione e nello sconforto, ricevere quella busta aveva spalancato il cuore di Anna alla speranza e, non riusciva a separarsene. Le sembrava quasi di vederlo Marco, tra le montagne, in un momento di apparente, quanto ingannevole calma, seduto su di una roccia a scrivere a lei, poche righe per farle sapere che stava bene e che era sempre nei suoi pensieri.
Quello che le faceva tremare il cuore, però, era ciò che non trovava scritto in quei fogli : lei lo sapeva che la situazione lassù era terribile, lo vedeva dal numero di morti e feriti che venivano portati giù a valle quasi ogni giorno. Anche se Marco era su un altro fronte, più lontano, lei sapeva che la situazione era difficile, per non dire tragica, ovunque oramai, con il Regio Esercito sempre più impegnato a difendere i confini italiani dagli austroungarici. Ma lui non faceva mai nessun cenno di questo nelle sue lettere, era come se in quelle pagine volesse escludere l'orrore che aveva davanti agli occhi in ogni momento e parlare solo di vita e del loro futuro dopo la guerra. Il futuro. Sembrava quasi un sogno astratto, quello che avevano immaginato insieme solo pochi mesi prima e che l’incombere minaccioso della guerra nelle loro vite aveva relegato in un angolo dei loro cuori e delle loro anime. Marco e Anna erano praticamente cresciuti insieme in quel paesino di poche anime. Da bambini inseparabili, che avevano giocato e corso a perdifiato su quelle montagne, erano diventati ragazzi e poi adulti insieme, e quell’amicizia si era trasformata in un amore tenero e profondo che li aveva uniti in un vincolo indissolubile. I progetti per il futuro però, si erano scontrati troppo presto con la guerra. A diciannove anni Marco si era sentito pronto a iniziare una vita accanto ad Anna, di un anno più piccola di lui, ma con la testa sulle spalle e tanto buonsenso. Lui, che aveva perso la madre da bambino, aveva imparato presto a prendersi cura di sé stesso, aiutando il padre con gli animali e in casa, passava il suo tempo libero intagliando piccoli oggetti in legno mentre ascoltava Anna leggergli qualche pagina dai suoi inseparabili libri. Lei era cresciuta in una famiglia più benestante di quella di Marco, il padre era il sindaco del paese ma, nonostante le differenze, tra loro era nata una simpatia immediata fin dalla più tenera età, e lei era l’unica “ femmina” da cui lui avesse mai preso ordini. Perché, nonostante la sua dolcezza, Anna aveva un bel caratterino ed era solo grazie alla sua cocciutaggine se lui aveva terminato gli studi: senza il suo aiuto e incoraggiamento non ce l’avrebbe mai fatta. Non che Marco fosse stupido ma aveva sempre così tanto da fare che lo studio era l’ultimo dei suoi pensieri. Anna, però, aveva insistito, facendogli capire che l’istruzione era importante anche per un pastore come lui.
Ascoltarla leggere accanto a lui era una cosa a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. Le salite in montagna avevano accompagnato i loro passi da che ne avevano memoria, il primo bacio era avvenuto lì, quando Marco porgendole il primo bucaneve della stagione, le aveva sfiorato le mani e poi, in pochi passi aveva annullato la distanza posando con timore le labbra sulle sue. Quando lei non si era ritratta lui aveva avuto la conferma che quel batticuore, che da un po’ lo invadeva in sua presenza, non era un’illusione ma una dolcissima realtà.
In quel momento, invece sembrava tutto così lontano
e irraggiungibile. Alcune amiche di Anna avevano perso fidanzati o fratelli al fronte e lei viveva nel
terrore di non ricevere più sue notizie o peggio, di
dover ritirare una di quelle tremende lettere che in
pochi attimi erano in grado di mandare in pezzi un
cuore. In quel frangente, però, non voleva pensarci,
voleva invece farsi contagiare dell’ottimismo che
Marco aveva infuso alle sue parole, e pensare che era
sempre stata lei ad incoraggiato!
Aveva un'anima semplice Marco, amava la tranquillità
e all’improvviso, invece, aveva dovuto cambiare
contegno, diventare un soldato pronto all’azione ma,
anche l’uomo che la spronava a non farsi sopraffare
dallo sconforto. La guerra li aveva obbligati a crescere
in fretta, la spensieratezza che li aveva accompagnati
fino a quel momento era alle loro spalle. Ad entrambi
era toccato rimboccarsi le maniche: lui al fronte e lei al
campo, in paese ad aiutare con i feriti. Gli unici
momenti in cui si sentivano in pace erano quando la
lettera dell’altro arrivava a spargere un po’ di sollievo
sulle ferite del loro cuore afflitto. Anna aveva passato
quasi tutto il suo tempo con Marco, da che ne aveva
memoria, e senza la sua presenza si sentiva amputata
di un qualcosa di fondamentale. Stava sfruttando tutto
il tempo in cui non era impegnata al campo con i feriti ad ultimare il suo corredo: le lenzuola da ricamare con
le loro iniziali erano un atto di speranza, perché Marco
le aveva promesso, prima di arruolarsi, che quando
quella guerra sarebbe finita, si sarebbero sposati, non
voleva più aspettare e anche lei non vedeva l’ora.
Erano quattro mesi che non lo vedeva e, a volte, Anna
aveva paura di svegliarsi una mattina e di non
ricordare più il suo viso. Un terrore infondato,
pensava a mente lucida, perché ogni particolare di lui
era inciso in modo indelebile nel suo cuore: quegli
occhi così scuri da sembrare carbone, quel sorriso
canzonatorio che, quando si posava su di lei sapeva
diventare così dolce appassionato da farla arrossire
all’istante, quei capelli ricci e neri di cui conservava
gelosamente il ricordo della morbidezza che sentiva
toccandoli.
Marco era sempre stato rispettoso nei suoi confronti ,
ma non riusciva a nascondere l’ardore che bruciava nel
suo sguardo quando la guardava. Anna ne era turbata
perché anche lei sentiva lo stesso fuoco bruciarle
dentro, non sapeva però dargli un nome. Sapeva
soltanto che amava i suoi baci e essere cinta dalle sue
braccia la faceva sentire al sicuro, quello era il posto più bello del mondo dove passare la vita e moriva dalla
voglia di tornarci.
Un boato ancestrale le fece sollevare lo sguardo ai
monti, erano abituati a quei terribili fragori di morte,
ma non per questo erano meno angoscianti.
Le loro amate montagne, da sempre sinonimo di vita e bellezza atavica e splendente, erano diventate un campo di morte e disperazione. Si chiedevano se, un giorno, a guerra finita, sarebbero riusciti ancora a guardarle con sguardo d’amore. I mesi di conflitto avevano fiaccato le loro difese, erano a corto di viveri, tutti facevano i salti mortali per portare qualcosa in tavola. Anna, benché più fortunata di altri, essendo la figlia del sindaco, era dimagrita come tutti. Cercava però, di portare qualcosa alle famiglie più povere, ma erano talmente tante le persone in difficoltà, i bambini malnutriti che sembravano scomparire nei loro abiti, che si sentiva impotente. Le straziava il cuore dover decidere a chi portare un pezzo di pane o delle patate e, spesso metteva via una buona parte del suo pranzo, si sarebbe sentita in colpa a consumare un pasto quando tanti non avevano nemmeno a briciola da dare ai loro figli. Guardava i vestiti danzarle addosso e si ritrovava a pensare che, Marco, una volta tornato, l’avrebbe trovata brutta e pallida. Poi scacciava subito quel pensiero sciocco, in momenti simili era già un miracolo sopravvivere. Quando aveva scritto quel concetto in una delle sue lettere, lui l’aveva subito rassicurata: non avrebbe mai potuto apparirle brutta, sarebbe stata sempre la più bella ragazza del mondo, anche quando avrebbe avuto cent’anni, la sua ragazza. A quell' aggettivo possessivo lei aveva sorriso, Marco era sempre stato geloso, sin da quando erano bambini, aveva voluto la sua compagnia esclusiva e lei era sempre stata felice di accordargliela, perché l’unica cosa che aveva sempre voluto era passare il suo tempo con lui. Sognava le loro scarpinate in montagna, quando si sedevano a riposare all’ombra di un larice, lui intento a cesellare nel legno quelle bellissime statuine che era capace di creare, e lei a leggere qualche passo da un suo libro, in quei momenti non avevano bisogno di niente e nessuno per essere felici. Era intenta a ripensare a quei momenti preziosi, così spensierati e lontani, e quasi non si accorse dell’ombra che si stava avvicinando, se non solo quando arrivò a coprirle il sole, oscurando le pagine che aveva davanti.
Alzando gli occhi balzò in piedi lasciando cadere il libro, sbatté più volte le palpebre convinta di avere
difronte una visione, ma poi l’ombra le arrivò più
vicino e le parlò e lei gli corse incontro andando a
scontrarsi con un torace forte e con due braccia
muscolose e protettive che la strinsero a sé come a
volerla fondere con sé stesso.
- Marco….. sei qui!
Disse con gli occhi pieni di lacrime e la voce rotta.
- Sì, amore mio, sono qui , anche se per poco. Ho
solo un giorno ma non potevo aspettare un
momento di più, Anna, avevo bisogno di
vederti, mi mancava la terra sotto i piedi senza
di te.
Era la prima volta che Anna vedeva i suoi splendidi
occhi tormentati da lacrime che minacciavano di
esplodere. Era più magro di quando era partito, con la
barba lunga e la divisa sporca ma non le era mai
apparso così bello, il suo soldato granitico e coraggioso
che la guardava come se lei fosse la cosa più preziosa
del mondo.
- Dammi il tempo di passare a salutare mio padre
e poi saliamo un po’ in montagna, voglio stare con te, solo con te.
Lo disse con un ardore nuovo, potente e irresistibile.
Mentre Marco andava da suo padre, Anna corse a
casa sua e preparò un cestino con quello che riuscì a
trovare e prese anche una coperta. Mezz’ora dopo
erano in cammino, mano nella mano, verso l’abete
rosso che era sempre stato il loro posto speciale e,
sdraiati su quella coperta non parlarono molto,
avevano troppe cose da raccontarsi e troppo poco
tempo da passare insieme, rimasero stretti a baciarsi
e ad abbandonarsi al loro amore. Marco si era
aggrappato a lei come un naufrago a una scialuppa,
aveva terribilmente bisogno di tenerla stretta a sé per
trattenere il più a lungo possibile il ricordo del suo
profumo, del suo corpo, del sapore dei suoi baci, gli
erano necessari come l’aria, erano l’unica cosa che lo
avevano tenuto in vita in mezzo all’orrore in cui
viveva. Aveva visto ragazzi come lui perdere la vita,
urlare dopo aver lasciato sul campo di battaglia un
braccio o una gamba e, in quegli inferi, era il pensiero
di Anna a non farlo impazzire o arrendersi, perché in
alcuni momenti sembrava più facile lasciarsi morire
che continuare a vivere e combattere in quell’inferno.
Era ancora una volta in montagna con lei, sulla loro montagna e in quell’angolo pareva quasi che la guerra
fosse solo un incubo e non la realtà a cui sarebbe
tornato di lì a qualche ora. Era quasi buio quando lui si
sciolse a malincuore da quell’abbraccio.
- Devo andare, amore mio, ma tornerò da te, lo
giuro, tornerò!
Lo disse con enfasi e lei ci credeva, credeva in lui più di
tutto, ma non voleva lasciarlo andare. Con uno sforzo
enorme, però, ricacciò indietro le lacrime, avrebbe
avuto tutto il tempo di versarle quando lui fosse
ripartito, lo guardò negli occhi.
- Lo so, amore mio, so che tornerai da me, e io sarò
qui ad aspettarti.
- Torneremo sulle nostre montagne insieme,
presto.
Volsero entrambi lo sguardo verso quelle vette che
tanto amavano e dopo un lungo, ardente e
sconvolgente bacio, si salutarono con la morte nel
cuore ma anche con la speranza di ritrovarsi presto e,
allora, sarebbe stato per sempre. Anna lo guardò
scomparire all’orizzonte, la postura fiera, il passo
deciso e accompagnò i suoi passi con la più fervida delle preghiere e con tutto l’amore che custodiva nel
cuore.
Fine♥
Il racconto di Giusy è terminato. Cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti
Copyright @ 2021 Giusy Marrone
Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
La delicatezza del tuo racconto rispecchia perfettamente la persona che sei e che ho imparato a conoscere e questo è bellissimo perché trasmetti esattamente ciò che ti rende così.
RispondiEliminaSecondo il mio personale parere questo racconto è migliore rispetto agli altri forse perché più completo di tante cose e questo dimostra che la pratica aiuta tantissimo: bravissima. Certo ci sono ancora alcune cosucce da sistemare, ma sono sciocchezze quindi continua pure così!
Grazie mille Susy ,il tuo appoggio è davvero prezioso. Scrivere è l'unico modo per migliorare, e spero di farlo sempre
RispondiEliminaCiao Giusy! Anche per me, come a Susy, questo racconto è quello che mi è piaciuto di più tra i tuoi, prova che stai costantemente migliorando! Inoltre a me gli storici piacciono tantissimo quindi già solo con il genere mi hai conquistata. Io sono una "figlia del mare" ma questa ambientazione montanara è veramente perfetta per la storia che hai raccontato, ed anche suggestiva. Il tuo romanticismo, poi, mi ha fatto sognare! Complimenti e alla prossima!
RispondiEliminaGrazie mille Silvia ,felicissima che ti sia piaciuto❤
RispondiEliminaCiao. Il tuo racconto mi è piaciuto davvero molto, spesso ho scritto sulle montagne e le ho usate come ambientazione quindi ho apprezzato molto il tuo racconto. Mi è piaciuto vedere un'altra faccia della guerra: la speranza. Anche se nel tuo racconto si parla del dolore, la sofferenza e le atrocità che porta la guerra, la cosa che mi ha colpito di più è la speranza. Di un giovane uomo che spera di tornare a casa vivo, di finire di combattere e di costruirsi un futuro, di una giovane donna che spera di rivedere il suo amato, di sposarsi e avere una famiglia. Hai fatto un'ottima scelta nel rappresentare questo.
RispondiEliminaGrazie mille per le tue parole❤
EliminaCiao Giusy! È stato davvero piacevole leggere questo tuo racconto, mi è molto piaciuto e credo si noti molto come sei migliorata dai precedenti: ad oggi è il tuo scritto migliore in questa rubrica :) Hai sviluppato il tema in modo perfetto e sei riuscita a tenermi incollata fino all'ultima riga nella lettura. La storia di Anna e Marco è una storia comune ma non per questo meno straordinaria: amare qualcuno che da un giorno all'altro potrebbe scomparire per sempre per qualcosa di così spaventoso come una guerra... non riesco nemmeno a immaginare cosa si debba provare. Tu invece riesci a descriverlo molto bene! Ti faccio i miei complimenti :) Una bella lettura! Attenta soltanto ai refusi (ne ho notati un paio) e alle virgole, per il resto credo che il tuo impegno si noti e sono sempre più sicura che ad ogni nuovo appuntamento ci stupirai con le tue storie! :) Alla prossima, Stephi
RispondiEliminaGrazie mille,sono molto felice che ti sia piaciuto e che si noti il mio impegno
RispondiEliminaGrazie mille, sono felice che ti sia piaciuto e mi sto impenando per migliorare,piano piano
RispondiEliminaLo hanno ripetuto praticamente tutte; quindi, non ti stupirai se mi aggrego pure io al parere della globalità! Questo qui sopra è, davvero, il tuo racconto migliore fino a ora :3 Perciò, la prima affermazione che rilascio per te è un puro e semplice complimento :) Te lo avevo già detto la volta scorsa, ma lo ripeto comunque: più scrivi più migliori e più migliori più capisci qual è la strada giusta per la scrittrice che è in te <3 Beh, Giusy, possiamo affermare che hai superato anche la prova di maggio perché sei stata bravissima :D Congratulazioni :k
RispondiEliminaPassiamo ora alla mini recensione che ti dedico! Sebbene forse avrei preferito un registro linguistico un po' più "vecchiotto" per via dell'epoca temporale in cui hai deciso di ambientare il racconto -non soffermarti su una simile minuzia, eh! Io sono una fissata, lo affermerebbe chiunque mi conosca anche solo in minima parte... Ergo, non ascoltarmi troppo anche se te lo confesso AHAH-, direi che c'è tutto il necessario, emozioni forti e struggenti, personaggi ben caratterizzati e definiti, ambientazione chiara e vivida: in definitiva, what else? ;)
Grazie, grazie, grazie. Mi risollevi sempre l'umore e oggi ne avevo davvero bisogno. Mi state aiutando tanto con i vostri suggerimenti e sono felice si noto il mio impegno. A questa storia tengo molto e sono felicissima sia piaciuta
RispondiEliminaMa che bello, questo tuo racconto. Sì, credo anche io che sia il migliore tra i tuoi. Tra l'altro hai utilizzato le montagne per parlarci di una delle pagine più tristi della storia, non solo italiana, ma europea e mondiale. Complimenti. Silvia di Silvia tra le righe.
RispondiEliminaE... ovviamente... Marco torna dalla sua Anna, vincendo gli orrori della guerra, per sposarla e vivere felice. Ecco, anche se non l'hai davvero scritto, per me si è concluso così questo piccolo gioiello. Ho letto tutto d'un fiato, con il magone in gola e tanta, tantissima emozione. Sei stata davvero brava a inquadrare la tematica scelta con molta originalità. Ambientazione e personaggi ben sviluppati con precise pennellate. Davvero i miei complimenti ��
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