Com'è andata la vostra settimana?
Io saono contenta dell'arrivo del week end e anche della rubrica di scrittura creativa che adoro: la Storytelling Chronicles.
Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish Kingdom
DISEGNARE LA VITA
Era una notte buia e tempestosa….beh, non esageriamo,
comunque il buio è calato così all’improvviso da avermi presa alla
sprovvista.
Oltretutto, ho perso anche l’autobus e il prossimo
passerà tra due ore, noto sbirciando l'orario sul cellulare.
Con questo freddo non ho nessuna intenzione di rimanere qui a congelarmi. Siamo solo ai primi di novembre, ma le temperature sono calate nel giro di pochi giorni. Non mi resta alternativa, devo avviarmi verso casa, dove mi aspetta anche una bella sgridata per la mia solita sbadataggine.
Mi sono attardata a scuola, come capita spesso, per finire un
disegno a cui stavo lavorando, che poi non è neanche un compito,
ma uno dei miei scarabocchi, come li chiama mio padre che, per
inciso, non ne capisce niente. Anche se lo so che lo dice solo per
prendermi in giro.
La strada è illuminata, ma io mi affretto ugualmente. Non mi piace
affatto camminare da sola di sera, ma per questo posso biasimare
solo me stessa.
Dopo qualche minuto, sento dei passi che si avvicinano. Mi volto
appena un po’ e lo vedo.
Lucas. Dovevo immaginarlo. Lui è sempre
l’ultimo ad andare via e, stavolta, come me, ha fatto tardissimo. So
che prende il mio stesso autobus, l’ho visto salire qualche volta,
quindi stasera anche lui è rimasto fregato, come me.
Non ci siamo mai rivolti la parola. Frequenta la classe dopo la mia,
al Liceo artistico, ci siamo incrociati nei corridoi e l’ho visto seduto
a qualche sedile di distanza sull'autobus, sempre concentratissimo
con il suo blocco e la matita, che sembrano una sua appendice, non
l’ho mai visto senza. Forse è l’unica persona più assorta di me nei
suoi disegni. Mi piacerebbe molto vedere quei fogli, dal modo in
cui è concentrato in se stesso, estraniato dal mondo esterno, una
cosa sola con la carta e la matita, vorrei sapere cosa disegna. L’ho
osservato, forse più del dovuto, attratta da quella dedizione, ma
anche dai suoi lineamenti delicati, dagli occhi azzurri, chiarissimi,
che sono riuscita a vedere una rara volta in cui li ha sollevati dal
suo blocco.
Il mare ghiacciato. Quello è il colore che immagino
possa avere il mare del Nord.
Ho sentito dire che sua madre è serba. Da lei avrà preso i capelli
chiarissimi e quel volto fine ed elegante.
L’ho osservato solo dal punto di vista artistico, si intende.
Approfondire sfumature, colori e proporzioni fa parte dei nostri
studi. Anche se io, più che il corpo umano, amo disegnare fiori.
Petali, corolle, sono il mio mondo. Questo non mi impedisce però,
di apprezzare il bello che c’è intorno a me. E Lucas, bello, lo è
senza ombra di dubbi.
Non è il caso di pensare a quanto sia bello proprio ora, con lui a
due passi da me, penso. Anzi, si fa sempre più vicino. Saranno le
sue lunghe gambe a farlo camminare più veloce di me, certo.
Mi si affianca e, incredibilmente mi rivolge la parola.
- A quanto pare non sono l’unico ad aver perso l’autobus.
La sua voce non è come l’avevo immaginata
- Sì, lo so, per essere
un quasi sconosciuto ci perdo un po’ troppi pensieri.
-
Comunque, dicevo, la sua voce è dolce, non ha quasi accento, ma
una musicalità bellissima.
Mi accorgo che, persa come sono a pensare alla sua voce, non ho
ancora risposto alla sua non domanda.
- Già, non ho fatto caso all’ora, e adesso eccomi qua!
Alzo lo sguardo e vedo il suo abbassarsi immediatamente.
Camminiamo uno accanto all’altro per un po’, non so cosa dirgli, in
realtà non sono molto brava a comunicare, con i ragazzi poi, non
comunico quasi per niente. Ho sedici anni ma, al contrario di tutte
le mie compagne, non ho mai avuto un ragazzo. Sono troppo
timida, non particolarmente carina. Secondo la mia amica Giada
dovrei vestire un po’ meno da bambina. Continuo ad indossare gli
abiti scelti da mia madre, per intenderci cose adatte a una
dodicenne. Ho i capelli di un castano banale, che non mi stanno
mai a posto e che, per praticità porto quasi sempre raccolti in una
coda.
Lucas mi distoglie dal pensare alla mia mancanza di stile.
- Casa tua è molto lontana?
- Venti minuti, più o meno. Arriverò tardissimo e mi toccherà
anche una bella sfuriata da mia madre. Ho pure il cellulare
scarico e non posso avvertirla.
Rispondo, già preoccupata per il rientro.
- Allora sono più fortunato, a casa mia, a quest’ora non c’è
nessuno, quindi niente lavata di capo.
Lo dice sorridendo, e io non posso fare a meno di notare quanto
sia incredibile quel sorriso, gli cambia completamente il volto e,
non credevo fosse possibile, lo rende ancora più bello. Rimango
incantata come una stupida a guardarlo, poi abbasso gli occhi e
cerco di trovare qualcosa di intelligente da dire.
- I tuoi cosa fanno?
Banale, ma almeno è qualcosa.
- Mia madre è infermiera e papà è un architetto, in questo
periodo è preso da un progetto e torna sempre molto tardi.
- È da lui che hai preso la passione per il disegno?
Gli chiedo, curiosa.
- Che io ricordi ho sempre avuto una matita in mano. Disegnavo
ovunque, persino sui muri.
Mentre lo dice sorride ancora, e io credo di non essere più in
grado di ragionare. Ma è legale avere un sorriso del genere? E
degli occhi così? Ne vogliamo parlare dei suoi occhi? Visti da
vicino sono un lago ghiacciato in cui sprofonderei volentieri, a
patto che fosse lui, con quelle mani da artista a tirarmi fuori.
Mi sta parlando e io non ho sentito una parola, troppo presa a
sognare laghi ghiacciati e cavalieri dai capelli biondi che vengono
a salvarmi!
- Scusami, ero distratta, cosa mi hai chiesto?
Penserà che sono scema, ecco.
- Ti ho chiesto quando hai cominciato a disegnare?
Non sembra seccato dal dover ripetere la domanda, un punto in
più per lui.
- Anch’io ho sempre avuto matite e fogli in mano. Passavo ore
a disegnare, e più di una volta, ero così concentrata su ciò che
facevo da non accorgermi di quello che succedeva intorno a
me.
Provo a sorridere anch’io, sperando che la mia non risulti una
smorfia.
- È così ancora adesso.
Stavolta parla guardandomi negli occhi, e io non riesco a
distogliere i miei. Così rimaniamo in silenzio per un po’, un
tempo immobile che sembra durare un’eternità.
- Perché dici così?
Chiedo, ridestandomi e riprendendo a camminare.
- Sei sempre concentrata sul tuo blocco e può cadere il mondo
ma tu non ti giri nemmeno.
Come fa a saperlo? Anche lui mi guardava senza che me ne fossi
mai accorta? Quando? E soprattutto perché?
Sono confusa, felice. Ma direi soprattutto confusa. Perché un
tipo come lui dovrebbe guardare me?
- Lo stesso si potrebbe dire di te. Una volta hai persino perso la
tua fermata e sei dovuto scendere a quella successiva.
Come al solito, parlo prima di pensare. Brava! Così ha capito che
passo il tempo a guardarlo. Quando non sono impegnata a
disegnare, certo.
Lucas non risponde, ma mi accorgo che sorride, un sorriso felice,
mi guarda un attimo e continua a camminare, con passi lenti,
come se non volesse arrivare troppo presto. Lui è quasi giunto a
casa, e l’idea di lasciarlo mi rende triste.
- Cosa stavi disegnando, oggi da averti fatto perdere l’autobus?
Cambia discorso, sciogliendo l’imbarazzo che era calato tra noi,
dopo la quasi “ confessione” di esserci osservati a vicenda.
- Una dalia. L’ho vista stamattina in un giardino e volevo ritrarla
prima di dimenticarne i particolari. L’ho fotografata con il
cellulare, ma la foto non riesce a catturare tutte le sfumature
che ci sono nella realtà.
Ogni volta che parlo di un mio lavoro perdo tutta la timidezza.
- Scusami, sarei capace di discutere per ore di colori e
sfumature, ammesso che trovi qualcuno disposto ad
ascoltarmi, si intende.
Dico sorridendo.
- Io potrei ascoltarti.
Lo dice in un sussurro e ho quasi paura di averlo solo immaginato,
o sognato, conoscendomi.
- Posso vederlo?
Mi chiede incerto.
Per un attimo non capisco, poi mi sovviene che parla del disegno.
Sono imbarazzata, non mi piace mostrare disegni non finiti o che
non ritengo più che perfetti. Ma lo ha chiesto con tanta
gentilezza che non me la sento di rifiutare. Mi fermo e tiro fuori
l’album dallo zaino. Lo sfoglio, e quando trovo la dalia, glielo
porgo.
Lo osserva con attenzione, non si perde un particolare. Quando
me lo restituisce ha gli occhi che brillano.
- È bellissimo. Sembra così reale! I particolari sono incredibili,
non ho parole. E i colori? Hai usato delle tonalità magnifiche,
sembra quasi di poterla toccare. Hai davvero molto talento.
È così accalorato mentre lo dice, da non lasciare dubbi che sia
sinceramente colpito dal mio disegno. Cosa posso rispondere a
delle parole che mi hanno emozionato così tanto? Nessuno
aveva mai dimostrato un tale entusiasmo per un mio disegno.
Certo i professori mi dicono che sono brava, che ho talento, ma
non è la stessa cosa. Lucas mi ha donato una luce nuova, ha
captato tutto quello che volevo esprimere in quei tratti e,
guardando anche me con la stessa attenzione che ha riservato
alla dalia, sembra aver catturato anche la mia essenza. Mi sento
nuda davanti a quegli occhi così intensi.
Dopo un momento di turbamento provo a cambiare argomento,
non saprei cosa rispondere a quelle parole e soprattutto a quello
sguardo.
- E tu? Cosa stavi disegnando per fare così tardi.
Ora è lui a sembrare imbarazzato. Abbassa gli occhi e ci pensa un
attimo prima di rispondere.
- Te lo mostrerò un’altra volta . Non è ancora finito.
Distoglie ancora lo sguardo e ricomincia a camminare, ora con
passi più veloci.
- Non vale, però! Neanche il mio era finito e te l’ho fatto
vedere.
Lo dico in tono petulante, come una bambina a cui è stato negato
un gelato.
Lui ne ride, si volta a guardarmi.
- Hai ragione, perdonami. Ti prometto che lo vedrai, quando
sarà finito.
Non posso tenergli il broncio se continua a guardarmi così, quindi
non insisto. Arriviamo, poco dopo, davanti a casa sua.
- È buio, ti accompagno fino a casa tua e poi torno indietro.
- Ma no, sono solo due passi e poi è una zona tranquilla, non mi
succederà nulla.
Sono toccata dalla sua proposta, ma rifiuto. Lui però insiste.
- Non posso lasciarti andare da sola, quindi andiamo.
Lo dice convinto e senza aspettare una risposta si avvia. Non mi
resta che seguirlo. Sono felice, Lucas che mi accompagna a casa!
Non lo avrei mai nemmeno sognato. Camminiamo senza parlare.
Ci siamo detti già tanto stasera. Quando arriviamo davanti alla
mia abitazione, mi saluta, e timidamente mi guarda ancora una
volta.
- Grazie, per avermi accompagnato.
Gli dico sorridendo, un po’ impacciata. La luce della luna gli
illumina i capelli che appaiono ricchi di riflessi argentei. Sarebbe
impossibile riprodurre una tale tonalità su un foglio.
- Figurati, mi ha fatto piacere. Buonanotte.
Dice avviandosi. Sto per entrare in casa quando, a pochi passi da
me, si volta e mi saluta, ancora.
- A domani, Melissa.
- A domani, Lucas.
Entro in casa con un sorriso a trentadue denti. Il mio nome! Ha
pronunciato il mio nome! Ed era così dolce sulle sue labbra.
Il sorriso si spegne subito quando incrocio lo sguardo
arrabbiatissimo di mia madre. Ecco la fine di una serata perfetta,
penso senza, però, smettere di saltare di gioia - internamente, si
intende - e subendo la sfuriata che mi sono meritata.
La mattina dopo ho paura di aver sognato tutto o peggio che lui
finga di non conoscermi, pentito della nostra chiacchierata.
Quando l’autobus si arresta alla sua fermata, ho il cuore in gola.
Lo vedo salire, guardarsi intorno e, dopo avermi visto, aprirsi a
un sorriso indescrivibile e venire a sedersi vicino a me. Vicino a
me! Non ci credo.
- Ciao!
- Ciao.
- Come è andata con tua madre? Si è arrabbiata tanto?
Sono incredula di averlo qui, accanto a me, che mi sorride e mi
guarda, ancora, come ieri sera. Alla luce del giorno i suoi occhi,
visti da vicino, hanno una sfumatura più intensa, l’azzurro di un
cielo luminoso.
Rispondo, prima che cominci a pensare che sono un caso
disperato.
- Non troppo. Ha fatto la sua parte, ma mi conosce. Sa che
quando disegno il tempo non esiste. Era solo preoccupata
perché era buio. Non poteva venire a cercarmi perché il mio
fratellino stava dormendo.
E prendo a raccontargli del mio adorabile cucciolo: ha solo tre
anni, un bellissimo, inaspettato e dolcissimo incidente di
percorso. Lui ascolta ogni mia parola come se fosse importante.
Ridiamo delle storie che racconto su Carletto e io ancora non
posso crederci, fino a ieri sera non avevamo scambiato
nemmeno una parola.
Va avanti così per diversi giorni, stiamo insieme sull’autobus,
parliamo, ridiamo, ci raccontiamo i nostri sogni, siamo
completamente persin l’uno nell’altra.
Sono innamorata? Me lo
chiedo spesso e mi dico che no, non può essere. Poi quando sono
con lui e guardo quegli occhi che si illuminano quando mi parla
e sorride, penso che forse ho anch’io quell’espressione quando
siamo insieme.
A scuola passiamo insieme l’intervallo, alla fine delle lezioni uno
dei due va a cercare l’altro, immancabilmente in ritardo. A volte
lo siamo entrambi, persi nei nostri disegni e, come quel giorno,
finisce che perdiamo l’autobus. Ma a nessuno dei due dispiace
troppo, anzi per niente, così abbiamo più tempo da trascorrere
insieme.
Non ho molte amiche a scuola, e con nessuno mi sono sentita
così a mio agio come con Lucas. Possiamo anche stare in silenzio,
ognuno impegnato con blocco e matita, alzando ogni tanto gli
occhi per sorriderci, solo quello.
Può un sorriso incidere un' emozione così profonda sul cuore?
E
la sua mancanza farti star male? E se per lui non è lo stesso?
Non so cosa prova per me. A volte è così imperscrutabile, non è
facile interpretarlo. In tutto questo tempo passato insieme non
mi ha ancora fatto vedere il suo blocco, quello che tiene sempre
con sé e che gli ho sempre visto usare, da prima che ci
conoscessimo. Mi ha mostrato i lavori per la scuola, bellissimi,
impeccabili e perfetti, ma non quelli a cui tiene davvero. Ho
provato a chiederglielo, qualche volta, ma lui tergiversa,
dicendomi che al momento giusto li vedrò.
Quale può essere il momento giusto non ne ho idea.
Sicuramente non lo è quando, un pomeriggio, dimentica il blocco
sull’autobus. Me ne accorgo quasi subito e gli corro dietro, lui è
già sceso e le porte si sono chiuse. Mi rassegno a tenerlo con me.
Ora però la curiosità mi divora. Ho una voglia matta di aprirlo e
scoprire cosa nasconde di così importante.
E se si arrabbiasse? In
fondo lui mi ha chiesto di aspettare, non sarebbe giusto
guardarlo senza il suo permesso.
Quando arrivo a casa gli mando un messaggio, non voglio che si
preoccupi.
Ciao, ho io il tuo album, lo hai dimenticato sull’autobus^_^
Grazie, mi stavo chiedendo che fine avesse fatto,^_^
Lo metto nello zaino e decido di dimenticarmene, fare finta che non sia
qui. Me lo mostrerà lui quando vorrà. Non nego che più di una volta l’ho
preso in mano, ma alla fine la forza di volontà ha avuto la meglio.
Il mattino dopo lo vedo salire un po’ titubante. Sembra nervoso.
- Ciao
Gli sorrido, aspettando che si sieda vicino a me. Gli do subito il suo blocco
e lui lo prende, sempre senza alzare lo sguardo.
- Grazie per averlo salvato. Non so cosa avrei fatto se lo avessi perso.
Contiene i disegni che ho fatto nell’ultimo anno. Ci tengo molto.
- Lo so.
Dico timidamente.
- L’hai guardato?
Sembra nervoso, non capisco perché, è bravissimo e sicuramente quello
che contiene questo blocco è eccezionale.
- Non nego di essere stata molto tentata, ma ho pensato che non era
giusto, devi essere tu a farmi vedere quello che contiene, se e quando
vorrai.
Me lo porge, guardandomi negli occhi come se volesse leggermi l’anima.
- Aprilo.
- Sei sicuro….?
Non mi risponde, ma continua a tendermelo, continua a guardarmi in quel
modo, quello che mi fa perdere certezze e realtà, portandomi in un
universo in cui esistiamo solamente io e Lucas.
Mi decido e lo prendo, lo desidero da settimane, da ancora prima di parlare
con lui.
Non sbagliavo quando pensavo che volesse leggermi l’anima.
In questo
blocco ci sono io. Solamente io. Disegni di me, dei miei occhi, delle mie
mani, di ogni mia espressione. C’è il mio sorriso, lo sguardo concentrato
che ho quando disegno, gli occhi chiusi, persi nei miei pensieri, e quelli
spalancati al mondo che ho quando parlo con lui. Ci sono io, tutta me stessa
è impressa in questi fogli. Sono tratti bellissimi, sconvolgenti.
Con il
carboncino Lucas ha tracciato luci e ombre in maniera perfetta, armoniosa
e delicata. Mi ha osservata, studiata, guardata. Guardata davvero, però.
Non in modo affrettato o superficiale. Lui mi ha vista per come sono. E se
ha continuato a disegnare me per tutto questo tempo, vuol dire che quello
che ha visto gli è piaciuto. Questo pensiero mi sconvolge, ancora più dei
disegni. Prova anche lui qualcosa per me, allora?
Sono in silenzio da un tempo lunghissimo. Siamo arrivati a scuola quando
gli restituisco il blocco e nessuno dei due ha detto una parola.
Nell’intervallo non ci vediamo, lui non viene a cercarmi. Non so cosa
pensare. Al ritorno sono davvero nervosa, forse si è pentito di avermi
mostrato i disegni, lui voleva aspettare il momento giusto e forse, oggi si è
sentito obbligato a farlo.
Lo vedo aspettarmi davanti all’autobus, mi viene incontro e non riesco a
decifrare la sua espressione.
- Che ne dici se torniamo a piedi?
Annuisco. Mi vuole parlare, a lungo. Non so se è un buon segno. Dopo pochi
passi, comincia.
- Sono mesi che ti osservo. Prima ero curioso. Eri l’unica a rimanere a
scuola anche dopo le lezioni, come me, concentrata nei suoi fogli,
come me. Mi chiedevo cosa disegnassi in modo così assorto e attento.
Più ti guardavo e più scoprivo particolari di te che mi affascinavano. Il
modo in cui tenevi la matita, come ti scostavi i capelli dal volto, come
sorridevi quando eri soddisfatta del tuo lavoro. Così ho cominciato a
ritrarti. Ogni particolare di te. E alla fine, eccolo qui.
Dice sollevando l’album.
- Ora mi prenderai per un maniaco.
Fa un sorriso nervoso, non mi guarda, come se avesse paura di trovare un
rifiuto o un’accusa nei miei occhi.
Come se potessi essere arrabbiata dopo aver visto con quanta dedizione,
delicatezza……amore? Mi ha guardata e ritratta.
Mi fermo, costringendolo a fare altrettanto, lo guardo e Lucas si decide a
sollevare gli occhi su di me, forse quello che legge sul mio viso lo
tranquillizza un po’, ma io voglio che non abbia dubbi su quello che penso
di questi disegni.
- Lucas, questa è la cosa più bella, dolce e incredibile che potessi fare.
Sono bellissimi! Sono io su questi fogli. Sono io eppure non mi sembra,
perché la ragazza che hai ritratto appare così bella.
- Melissa tu sei bellissima, hai una luce negli occhi che fa brillare tutto
quello che ti circonda.
Si allontana di qualche passo. Dopo i disegni e queste parole, forse pensa
di essersi esposto troppo. Lo raggiungo.
- Lucas, grazie, non ho parole per quello che hai fatto, sono commossa.
Lui è ancora a disagio, così gli prendo la mano, la stringo tra la mia, e ci
avviamo così, in silenzio. Cosa può esserci da dire in più di quello che ci
siamo detti, con le parole sì, ma anche con gli occhi. Oramai siamo capaci
di leggerci dentro. Quello che leggo in lui, ora che ho il coraggio di farlo,
è un sentimento che mi sconvolge, perché è forte e sincero, unico e
profondo, proprio come il mio.
Ci lasciamo la mano davanti a casa mia. Lucas ha insistito per
accompagnarmi e io sono stata felicissima di accettare.
- A domani, Melissa.
Lo dice con un sorriso che sa di promessa, con una carezza delicata sulla
mano che fa tremare il mio cuore.
- A domani, Lucas.
Continuo a guardarlo finché non diventa un puntino piccolissimo e anche
dopo, quando di lui è rimasto solo il profumo nell’aria, dolce, come lui.
Il giorno seguente tra di noi solo sguardi, le parole non sono abbastanza
per comunicare quello che sentiamo.
Mi tiene la mano, con una tale forza
ma, allo stesso tempo, delicato e protettivo.
Nell’intervallo gli mostro i
miei ultimi disegni: un iris blu, con sfumature molto difficili da rendere su
carta ma di cui sono molto soddisfatta. Ho lavorato a memoria, in questo
periodo i fiori sono rari, l’inverno è iniziato e mi devo accontentare di
ritrarre dal vivo solo foglie, bacche e ramoscelli. Lucas sembra apprezzare,
poi si fa pensieroso e mi chiede.
- Che fiore sarei io, secondo te?
Me lo chiede con quel sorriso timido che mi fa impazzire.
- Lo vuoi sapere davvero?
- Certo! Altrimenti non te lo avrei chiesto. Diventa serio all’improvviso. I suoi occhi prendono una tonalità nuova, più intensa. - Un nontiscordardimé. Ha lo stesso colore dei tuoi occhi. Stavolta tocca a me essere in imbarazzo. Ma, dopo un po’, anche quello passa, e torniamo a essere noi.
Io e lui, felici di stare insieme.
È incredibile il modo in cui riesce a sconvolgermi totalmente,
semplicemente standomi vicino.
Passiamo tutto il tempo insieme, ogni attimo che riusciamo a rubare alla
scuola, allo studio, è per noi. Lucas mi sta anche aiutando a usare il
carboncino. Non sarò mai al suo livello ma, vederlo così felice di aiutarmi
in qualcosa è già bellissimo.
Adoro vederlo ridere, è poesia pura.
Ha una bellezza così dolce ma è anche
capace di trasmettere una forza incredibile. Quegli occhi così blu quando è
emozionato, quando è con me, mi fanno tremare.
Ci ha messo un po’, Lucas.
È timido, anche più di me, ma quando alla fine
lo fa, quando mi bacia, per davvero….ecco, le parole non bastano, è
emozione pura, un incendio che divampa e io non ho alcuna intenzione di
spegnerlo. Mai.
Quando non è accanto a me a darmi quel calore che solo lui è capace di
darmi, ho il suo fiore, qui al collo. Una piccola e delicata margherita, il
ciondolo che mi ha regalato, con il suo solito imbarazzo e che io ho preso
dalle sue mani, sciogliendomi, letteralmente.
Ho pianto, ovvio.
Siamo insieme. Io e Lucas con la nostra voglia di disegnare, di ritrarre il
bello che ci circonda.
Di disegnare la vita. Insieme.
Per sempre forse è un concetto enorme alla nostra età, ma ci proveremo.
Insieme.
Non so dove vada la mia strada,
ma cammino meglio quando la
mia mano stringe la tua
Alfred de Musset
E siamo giunti alla fine, allora cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti!
Copyright @ 2021 Giusy Marrone
Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
Se guardiamo indietro al tuo primissimo racconto si nota la grande differenza e il modo in cui sei tanto migliorata. Questo proprio perchè, come ti ho sempre detto, con tanta pratica si fa la differenza e infatti si nota tutta.
RispondiEliminaMi è piaciuto molto questo racconto e come in tutti gli altri si nota tanto di te, della tua dolcezza che trasmetti nei tuoi personaggi, bravissima Giusy
Grazie al tuo incoraggiamento, importantissimo, chemi ha permesso di non arrendermi,❤️
RispondiEliminaCiao Giusy!
RispondiEliminaInnanzitutto complimenti per l'interpretazione del tema della scuola, unito a quello dell'arte. Questo mese ci hai proposto una storia tra timidi, che però, a poco a poco, si riconoscono e si piacciono. L'ho trovata molto dolce e anche formativa: il tuo racconto è una storia d'amore che consiglierei ai ragazzi, perché pone al centro interessi in comune e sentimenti veri, in mezzo a tanti YA romance un po' discutibili per come trattano certi temi.
Concordo con Susy sui miglioramenti di forma: personalmente ho riscontrato solo qualche virgola da correggere e un punto di domanda mancante ("Tu invece che cosa hai disegnato...").
Complimenti ancora, al prossimo mese!
Grazie mille, sono felice che si noti il lavoro che sto facendo, mi sto impegnando davvero molto
EliminaCiao.
RispondiEliminaHai fatto benissimo a continuare a scrivere perché credo sia l'unico modo per imparare e migliorare. Hai creato una storia molto carina, hai rispettato il tema richiesto. I due personaggi mi sono piaciuti molti, i pensieri di lei alternati ai loro dialoghi ha offerto una visione più ampia della situazione. Due adolescenti che provano ad usciere dal loro guscio e creo tu abbia reso bene l'idea.
Per la forma, soprattutto nei dialoghi, secondo me bisogna sistemare un po' alcuni punti perché confonde un po' il lettore il fatto di passare da dialogo a pensieri del personaggio.
A presto
Grazie per le tue parole. Per i dialoghi come ho scritto sotto è il passaggio dal PDF al blog che stravolge l'impaginazione, quindi i dialoghi vengono inglobati e non più evidenziati dalle rientranze. Devo capire come risolvere questo passaggio. Non sono ancora molto pratica della scrittura in digitale e dei vari passaggi tra i formati.
EliminaCiao Giusy!
RispondiEliminaSono davvero contenta che tu abbia continuato a scrivere perché hai fatto davvero dei grandi passi avanti! Il tema della scuola è usato benissimo e questi due personaggi sono davvero carini, teneri e capaci di emozionare!
È una storia scorrevole e che fa arrivare fino alla fine senza sentirne la lunghezza, ma che anzi invoglia a continuare anche dopo! Perciò brava!
Unica cosa, ma è strettamente personale, ho fatto un po’ fatica a separare il parlato dal resto per via dei trattini, però non è un elemento che sminuisce la storia. È solo un mio limite.
Brava
Alla prossima
Grazie mille per le tue parole. Riguardo si dialoghi, hai ragione ma purtroppo il passaggio dal PDF al blog stravolge la sequenza- quando finisce il parlato vado sempre a capo, lasciando il discorso anche nelle rientranze, quindi ben evidente ma qui va tutto di seguito. Dovrò trovare un altro modo per evidenziare i discorsi. Sono ancora alle prime armi 🤣
RispondiEliminaGiusy, che bello tornare a leggerti! Devo dire che questo racconto mi ha molto emozionato, credo che fino ad ora sia quello che mi è piaciuto di più! Mi ha colpita come hai costruito l'intreccio, la storia si dipana lentamente ma non in maniera noiosa... si ha sempre la voglia di sapere cosa accade alla riga successiva. Ho particolarmente apprezzato, visto che sono amante del disegno, questa passione che accomuna i due giovani e forse anche per questo li ho sentiti molto vicini. Davvero brava brava brava, perché migliori sempre più a ogni sfida e non è cosa da poco! Alla prossima :)
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