sabato 1 marzo 2025

Rubrica: Storytelling Chronicles: I ricordi di Susy Tomasiello

Buon sabato amici lettori.
Torna l'appuntamento con la rubrica Storytelling Chronicles, è sempre un piacere partecipare.

                                  


Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica nuova invece è a cura di Federica

Dopo un mese di pausa, torna la long ossia una raccolta di racconti con gli stessi personaggi.

Ogni capitolo deve essere autoconclusivo con la/lo stesso protagonista e ogni volta si affrontano le varie tematiche che la nostra Lara ci indica.
E' una sfida ogni mese, molto di più delle short normali, ma non potevo certo tirarmi indietro.
Se volete recuperare prima il capitolo precedente è Due anime affini
Questo mese avevamo da inserire vari elementi quindi vediamo cosa è uscito fuori


I RICORDI


Percival Haddinghton aveva sempre avuto una notevole sintonia con i numeri, ma quando quelli segnati sui fogli che stava leggendo cominciarono a sembrargli strane forme indistinte capì che doveva prendersi una pausa.
Si massaggiò gli occhi stanchi chiedendosi se per la serata poteva almeno terminare una parte del lavoro che si era imposto quel giorno. Da quando aveva ereditato Manor Haddinghton la mole d’incombenze sembrava non avere fine e se da una parte era felice di essere tornato nel luogo dov’era cresciuto, dall'altra avvertiva dolorosamente la mancanza di Londra.
Si guardò intorno, la stanza che nonno Haddington usava come ufficio era austera e stretta. C’erano troppi mobili, tanti ninnoli insignificanti a coprire ogni angolo, anche i libri di cui non si riusciva a vedere un titolo si trovavano ricoperti da qualsiasi cosa.
 Il motivo per cui c’era quella confusione andava fuori dalla sua comprensione, non ricordava che suo nonno fosse un accumulatore di cianfrusaglia eppure era ciò che vedeva intorno a lui.
Non era solo disordine quanto un ammasso di robaccia che sicuramente inutile aumentava la polvere.
Come diavolo faceva quell’uomo a lavorare in quell’ambiente così cupo e ristretto? Ecco perchè lavorava così male, si sentiva accerchiato da oggetti e doveva assolutamente porvi rimedio il prima possibile. 
Si alzò per chiamare William. Il giovane ragazzo che aveva portato con sé da Londra fungeva da valletto personale e da maggiordomo, non aveva avuto tempo per cercare qualcun altro che occupasse quel ruolo e al momento si fidava della solerzia con cui quel giovanotto lo serviva.
Inarcò un sopracciglio quando lo vide fuori alla porta, forse era fin troppo solerte. Avrebbe dovuto parlargli, ma non adesso. Gli fece cenno di entrare. «Ho bisogno di fare spazio in questa stanza. Non posso lavorare in queste condizioni, quindi mi serve qualcuno che sposti un po’ di roba.»

                                     
«Avrei una proposta, ma è alquanto particolare.»
«Spiegati meglio» lo incitò Percival mentre valutava i soprammobili da tenere e quelli da spedire dritto in soffitta. Forse avrebbe dovuto direttamente buttarli via o magari donarli alla chiesa, ma non se la sentiva ancora di separarsi degli effetti personali di suo nonno. Era stato come un padre per lui, avvertiva la sua mancanza ogni giorno e avere quegli oggetti in casa era come tenere una parte di lui. Quando vide una statuetta sentì il proprio cuore accusare una malinconia dolorosa che, senza preavviso, lo lasciò a vagare nei ricordi di quando era bambino.
La scacchiera dov’erano soliti giocare anziché comprendere due cavalli ne aveva tre per un errore del negoziante o della distribuzione non l’avevano mai saputo. Non potendo giocare con tutti, quello in più lo utilizzavano come spettatore silenzioso delle loro partite e adesso era tra le sue mani. Non era un oggetto da cui voleva separarsi, conservava bei ricordi e di certo non poteva andare via relegato altrove, avrebbe solo dovuto trovargli un altro posto dove sostare.
«Gli uomini che cercano lavoro hanno la pelle nera e non sono sicuro del vostro pensiero al riguardo» proseguì William distogliendolo dai suoi pensieri lontani.
«Che cosa dovrei pensare?» alzò le spalle Percival posando la statuetta accanto alla penna con il calamaio. «Se svolgono bene il loro lavoro, non m’interessa il colore della loro pelle e trovo assurdo anche solo affrontare un discorso del genere, sono uomini esattamente come noi due.»
«Lo penso anch’io signore.» Il suo valletto sorrise con un’ammirazione che Mr Haddington preferì non approfondire perché non gli sembrava di aver affermato nulla di particolare.
«Dovrai assumere altro personale per la pulizia di questa casa» proseguì mettendo da parte alcuni oggetti rotti, «L’unica nota di colore che ha questa stanza sono le tende bianche adesso quasi nere.»
«Ho sentito dire che sono state aggiunte di recente» affermò William che come sempre era bravo a raccogliere le informazioni che gli servivano. «Miss Sheperd si è incaricata di disporle proprio qui dove vostro nonno passava più tempo prima che la malattia lo costringesse a letto, parlano tutti benissimo della sua dama di compagnia.»

                                          

Conosceva appena quella donna stravagante conosciuta nell’ufficio del notaio. Per seguire le volontà di suo nonno la stava osservando a distanza e sapeva che stava ristrutturando l’antica casa padronale, Fulware House, avuta in eredità, ma grazie al suo aiuto non c’era nessuno che si fosse approfittato della figura femminile più bizzarra che avesse mai conosciuto. Non era sorpreso che fosse stata lei a inserire quell’elemento in una stanza dove regnava il buio, anzi sembrava proprio un gesto nel suo stile.
Vivace e troppo loquace forse aveva stordito suo nonno con le sue chiacchiere.
Quel pensiero lo fece sorridere per la prima volta da quando si era svegliato. Guardò di nuovo le tende e decise che le avrebbe tenute.
«Andranno lavate e poi rimesse al loro posto» ordinò dando uno sguardo verso l’ampia finestra, il bianco era ciò che serviva a quel luogo troppo scuro.
«Come desiderate signore. Me ne occuperò quanto prima, ma adesso credo che dovreste venire con me di sotto, c’è un piccolo problema nelle cucine che richiede la vostra presenza, ero salito su per questo.»
William non si lasciava prendere dal panico facilmente motivo per cui Mr Haddinghton ne aveva piena fiducia, quel suo tono preoccupato lo fece allarmare.
«Cos’è successo?»
«Maria rompe i piatti.»
«Cosa?» Percival aveva un ottimo udito e il suo valletto non aveva l’aria di star scherzando per quanto le sue parole fossero prive di senso. Maria era la cuoca che avevano assunto di recente insieme a pochi altri membri del personale, ma era sempre stata irreprensibile nel suo lavoro e quella stranezza non la rappresentava.
«Se poteste venire con me, sarebbe meglio.»
Distaccarsi dalla contabilità aveva aiutato i suoi occhi affaticati a riposare, ma avrebbe preferito rilassare anche il corpo visto il mal di testa che stava per arrivare e di certo raggiungere la sala del personale era l’ultima cosa che desiderava fare in quel momento, ma capì di non avere scelta. Con un sospiro per nulla contento seguì il valletto al piano di sotto dove le urla erano piuttosto forti.
«...ammettilo subito o rompo qualcos’altro e stavolta sulla tua testa!»
«Cerca di calmarti Maria! Sembri una pazza adesso, te ne rendi conto?»
Le grida erano così forti che nonostante la porta fosse chiusa si sentivano benissimo, William spalancò l’uscio senza bussare e Percival si ritrovò nella grande cucina dove la cuoca di bassa statura con una cuffietta e un grembiule giallo a coprire abiti semplici bandiva un grosso vaso come arma.
Davanti a lei c’era lo stalliere che era alto almeno il doppio eppure il suo sguardo era terrorizzato, sudava sebbene indossasse una camicia leggera che gli lasciava gli avambracci scoperti.
Altre due camerieri assistevano alla scena in un angolo senza intervenire nemmeno per riparare il disastro sul pavimento dove cocci di piatti rotti erano ovunque. L'ira della cuoca a quanto pare spaventata tutti, ma non lui.
«Cosa diavolo sta succedendo qua dentro?»

                                        
Si reputava una persona pacifica, ma quella confusione in casa sua era inammissibile e alzare la voce gli parve la cosa più sensata da fare.
«Mio marito mi tradisce!» esclamò la donna con enfasi. «Ecco cosa succede!»
«Non è vero!» urlò l’uomo in preda al panico. «Ti stai sbagliando!Non conosco quella ragazza te l’ho detto»
«Se hai saputo dire che aveva una rosa tra i capelli vuol dire che l’hai guardata bene»
«Solo perché era una cosa strana e per la lettera che mi ha dato» si difese l’uomo, «te lo giuro Maria, io amo solo te.»
«Non mentire!» La cuoca impugnò meglio il vaso per lanciarglielo contro, forse l’avrebbe fatto sul serio se Percival non l’avesse fermata.
«Un presunto tradimento non giustifica un omicidio soprattutto sotto il mio tetto.»
«Non sono un traditore» ci tenne a precisare suo marito. «Posso giurare su ciò che volete che non ho mai visto quella ragazza in vita mia.»
«Aveva una rosa bianca tra i capelli?» domandò Mr Haddinghton consegnando l’arma a uno dei camerieri nell’angolo della cucina.
«Sì!» esclamò sgomento l’uomo. «Come fate a saperlo?»
«La lettera. L’hai ancora con te?»
«Certo signore, eccola. Sulla busta c’è scritto qualcosa in una lingua strana ed io conosco solo l’inglese, non posso essere io il destinatario e quella sconosciuta si è semplicemente sbagliata.»
Percival prese la preziosa missiva tra le mani, venne investito da un brivido freddo quando lesse la semplice dicitura:

Mon Ami.

                                   

«Infatti è per me.» mormorò più a se stesso che all’intera stanza. Mise la lettera in tasca, l’avrebbe aperta in un secondo momento, magari dopo che il suo cuore avrebbe smesso di battere così forte e fosse tornato a respirare normalmente.
«Hai visto amore mio?» gridò felice lo stalliere. «Non ero io il destinatario, te l’avevo detto! Io amo solo te!»«
«Oh mio povero tesoro, sono stata così ingiusta con te!» La cuoca si lanciò tra le braccia del marito piangendolo di vergogna e di gioia. «Prometto che non dubiterò mai più di te, te lo giuro! La gelosia mi ha reso cieca, ti prego perdonami.»
Un nuovo abbraccio e altre promesse di amore eterno suggellarono quella pace, forse qualcuno gli chiese anche qualcosa o dissero altro, ma Percival aveva ormai smesso di ascoltare. Si congedò frettolosamente uscendo dalla cucina con la fretta di raggiungere il piano superiore, se era per leggere la lettera oppure bruciarla ancora non lo sapeva.
«Mr Haddinghton?» William era il solo che aveva il permesso di seguirlo senza apparire maleducato o invadente. «Siete pallido, avete bisogno di qualcosa?»
«No, sto bene.»
Suo nonno amava dichiarare che la verità diventa reale quando credi alla tua stessa bugia e Percival comprese soltanto adesso il significato di quelle parole. Il suo valletto, infatti, non dubitò di quell’affermazione annuendo forse sollevato e a lui bastava. Il suo umore non era affatto buono, ma non era necessario che tutti lo sapessero, quella era una faccenda troppo personale e avrebbero dovuto occuparsene da solo decidendo se ignorare la situazione oppure affrontarla. Non era il tipo di persona che si tirava indietro di fronte alle avversità, ma quella era senza dubbio una situazione particolare che richiedeva pace e tranquillità per pensare.
«Mi occuperò di far pulire il disastro di sotto e sistemare lo studio. Posso presumere quindi che resteremo ancora per molto a Millinghton?»
Quando erano partiti da Londra per la lettura del testamento non aveva previsto di soggiornare a Manor Haddington più di una notte, ma le cose erano cambiate con la perdita di Fulware House e adesso con l’arrivo di quella lettera. Non poteva decisamente partire in fretta come aveva pensato, c’era una sola cosa da fare.
«Restiamo.»
Se William fu sorpreso di quella dichiarazione così netta non lo diede a vedere, annuì e si mise in moto per rendere quell’abitazione confortevole come quella che avevano appena lasciato. Conoscendolo ci sarebbe riuscito in breve tempo e senza nessuno sforzo, forse se abbandonava la preoccupazione che tutto potesse andar storto sarebbe riuscito a essere felice per quel cambiamento. I ricordi che riempivano quella casa erano immensi e non soltanto materiali, aveva sbagliato a pensare che potesse voltargli le spalle con tanta facilità.
Gli bastava guardarsi intorno anche su quelle vecchie scale per riportare alla memoria la sua infanzia. Aveva vissuto i suoi momenti più belli tra quelle mura, ne rammentava qualcuno anche meno bello, ma nulla di così brutto che potesse compensare la serenità che provava in quel periodo. Non aveva genitore, ma con sé c’era l’uomo migliore del mondo ed era sempre grato per quello.
Di certo suo nonno non gli aveva lasciato Manor Haddingthon soltanto perché era il suo unico erede, sapeva benissimo che effetto gli avrebbe fatto ritornare in quella casa e forse voleva proprio ciò che stava facendo: ricordare il passato. Avrebbe reso quel luogo più vissuto proprio com’era un tempo, questo cambiamento gli sarebbe senz’altro piaciuto Bastò quel pensiero a fargli ritornare il buon umore e anche il sorriso.
«Lo farò per te nonno.»

                                         

Siamo giunti alla fine.
Confesso che mi sto divertendo molto a delineare Mr Haddinghton, questo tipo di scrittura non mi permette di andare troppo in là per creare la sua storia perchè ogni mese bisogna seguire la tematica però è adoro cimentarmi in nuove cose e questa è una sfida assoltuamente da accettare.
Voi cosa ne pensate?
Vi aspetto nei commenti


                                                

Copyright @ 2025 Susy Tomasiello

Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.

Nessun commento:

Posta un commento