In questa giornata - si spera - di completo relax lascio il posto alla mia cara amica, Anne Louise Rachelle, per la Rubrica Storytelling Chronicles
Non lascio solo il posto, ma anche la parola quindi buona lettura!
Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish Kingdom
Ciao a tutte, belle bimbe.
Rieccoci qui per un nuovo racconto. La sfida di questo mese è stata davvero tale, perché una delle nostre compagne di penna ha scelto come tema quello di scrivere una fanfiction. Non è ho mai scritta una, quindi all’inizio sono rimasta molto spaesata, ma non mi sono voluta tirare indietro, così son partita per un viaggio di ispirazione tra libri, serie tv, film che mi sono rimasti nel cuore. Alla fine, però, la scelta è ricaduta – ebbene sì – su un videogame. Assassin’s Creed è una saga videoludica che amo, per l’ambientazione storica, per la grafica magnifica, per le storie narrate. Il capitolo Unity è di certo tra i miei preferiti, ambientato durante la Rivoluzione Francese e con protagonista l’Assassino Arno Victor Dorian. Visto che, molti potrebbero non conoscere il contesto, ho pensato di ispirarmi a uno dei trailer che più ho amato realizzati per il gioco, così da darvi anche un riferimento visivo ed emotivo. Sono partita da qui, dunque, finendo per inserire però la chicca finale… ma qui non vado oltre, per non togliervi la sorpresa, vi dico solo – come si farebbe in una qualsiasi presentazione di ff – che sì, ci sarà un personaggio originale! E mi fermo qui, altrimenti la premessa sarà più lunga del racconto… Vi lascio il video-ispirazione, decidete voi se guardarlo prima o dopo la lettura!
Vi aspetto nei commenti.
Tutti i diritti per le immagini sono dell’Azienda produttrice del videogame: © Ubisoft
Di Anne Louise Rachelle
Corro, corro, corro a perdifiato.
Tengo sotto controllo il respiro, ma il cuore batte forte, pompa il sangue nei miei muscoli, mentre l’adrenalina acuisce la mia vista e i miei sensi. E adesso ne ho davvero bisogno.
Lotto contro il tempo, sento le lancette dell’orologio risuonare come sentenze di morte e non sono molto distante dalla realtà. È proprio ciò che sta per accadere. Una persona a me cara, che ha rischiato la sua vita per la mia, sta per essere uccisa, ghigliottinata.
La Rivoluzione imperversa per le strade di Parigi, posso sentire distintamente il puzzo della polvere da sparo, del sangue che impregna il selciato, del sudore, della paura.
Corro, ma cerco di evitare la folla che si accalca presso le barricate, oltre le quali i soldati sparano con le loro baionette e i loro cannoni, distruggendo vite e cose. Gli edifici crollano, corpi innocenti vengono sbalzati via, fatti a pezzi, ma io non mi fermo, non posso farlo. Schivo un tizio che inneggia alla libertà ma ha un buco al centro dello stomaco, scavalco un mucchio di mobili ormai ridotti in cenere, scivolo sotto un cumulo di macerie pericolanti.
Lento, lento, sono troppo lento.
Mi guardo attorno, frenetico. Alcuni dei miei fratelli mi seguono, avrò bisogno di loro, ne sono certo, ma come me faticano a farsi strada in questo caos rombante. Così, faccio un cenno e l’ordine è chiaro. L’unica soluzione è quella di sfruttare le nostre abilità di arrampicatori, avremmo utilizzato cornicioni, balconi, pali, inferriate, per superare la folla e accelerare il nostro passo.
Come se delle ali fossero comparse ai miei piedi, mi muovo lesto, afferro un palo, salto su un balconcino tremolante, salgo fin su al tetto di un edificio e percorro per intero il cornicione… poi salto sull’edificio successivo, più basso, con una capriola attutisco la caduta e riprendo la mia corsa.
Se prima riuscivo a tenere sotto controllo il respiro, adesso è pressoché impossibile, assieme al cuore che romba come uno dei cannoni in azione sotto di me, mi assordano, amplificando i sensi, l’urgenza, la necessità di arrivare a destinazione nel più breve tempo possibile.
Mi fermo per un attimo, controllo il mio orologio da taschino, ultimo ricordo di un padre assassinato brutalmente. Ignoro la fitta al petto e mi rendo conto che il tempo che ho è ancora meno di ciò che credevo, ma ormai ci siamo, sono quasi arrivato. Scavalco altri fabbricati, mi aggrappo ad altri pali e inferriate, scendo di nuovo in strada aiutandomi con un’insegna semidistrutta. Gli spuntoni metallici mi feriscono le mani ma non ci bado, perché davanti a me si estende una delle piazze centrali di Parigi, da noi ribattezzata la Piazza della Ghigliottina. Qui vengono fatti fuori decine e decine di innocenti… a discrezione di un potere che va ben oltre le apparenze. Ma non è il momento per certe riflessioni. Ho un altro ostacolo dinanzi a me: la folla. È immensa, stranamente annichilita, lo spettacolo a cui stanno assistendo è macabro e di fronte a esso chiunque perderebbe il coraggio di inneggiare a qualsiasi cosa che non contempli la propria salvezza.
Sono solo, ho distanziato di molto i miei fratelli durante la corsa, ma non posso fermarmi ad attenderli. Arriveranno, sì, arriveranno al momento opportuno, ma io non ho più tempo: hanno appena tagliato la testa a un poveraccio e il prossimo è di certo la persona che DEVO salvare a ogni costo.
La riconosco perché viene sostenuta da due soldati per le braccia, è debole, non si regge sulle proprie gambe… ed è tutta colpa mia, perché avrebbe potuto far fuori quei bastardi con un solo schiocco di dita, se solo non avesse consumato la totalità delle sue energie vitali per aiutare me, i miei compagni, la mia causa. L’hanno presa e la sua debolezza l’ha resa una preda facile, la ghigliottina è stata la sua sentenza di morte.
Sentenza che io non ho accettato, ovviamente.
Il cappuccio copre le sue fattezze, ma la certezza dentro di me è vibrante, mentre le guardie la trascinano verso il patibolo e io mi faccio largo tra la gente a spallate. Due sentinelle mi notano e cercano di sbarrare la mia avanzata. Le butto giù con colpi ben assestati e a quel punto un varco si apre come per magia nella folla… E allora tiro fuori la mia spada, la faccio roteare due volte sulla mia testa, al pari di un muto urlo di guerra. Il mio.
Combatto sicuro, mietendo vittime tra i soldati che cercano di fermarmi, con fendenti, pugni e calci. L’allarme è ormai suonato, la ghigliottina si è fermata e tiro un improbabile sospiro di sollievo, anche se il fiato è corto per la fatica. Sbaraglio gli ultimi nemici e riprendo a correre, questa volta il tratto è breve, ma io ho bisogno di energia cinetica per spiccare un balzo che mi porta direttamente sulla piattaforma. La mia fedele lama celata adesso è sguainata e si conficca diretta nella giugulare del comandante del plotone di esecuzione. Il suo corpo cade di schianto, senza vita, e attorno sembra di nuovo essere calato il silenzio…
I soldati che reggono il prigioniero di mio interesse sono a pochi metri da me, indecisi se continuare a rischiare di morire per un lavoro tanto ingrato oppure darsela a gambe. Aspetto giusto un attimo, per dargli la possibilità di fare la scelta giusta… e il buon senso prevale: lasciano andare il condannato e fuggono via. Con uno scatto felino mi avvicino ed evito che il suo corpo si schianti a sua volta sul legno sudicio. Nel gesto repentino, il cappuccio scivola via e i tratti di colei che desidero salvare vengono baciati dai tenui raggi di un sole morente. La dea del fuoco risplende anche se ridotta a un burattino di pezza. Serro la mascella, mi mordo a sangue il labbro inferiore, con la voglia di uccidere che freme sottopelle.
La tengo tra le braccia, stretta, mentre con la lama celata libero i suoi polsi dalle corde. Poi, accarezzo il viso emaciato, sporco di polvere e lacrime ormai secche. Strofino piano con i pollici le sue guance per levare via quei segni che stringono il cuore più di ogni altra ferita…
«Che diamine ci fai qui?» La sua voce è ridotta a un sussurro, ma non fatico a distinguere la nota di rimprovero che mi rivolge.
«Pensavi davvero che avrei permesso una cosa del genere? Ti avrebbero tagliato la testa… Eh sì, che mi lamento sempre di quanto la tua parlantina mi faccia innervosire, ma non ho mai pensato che questa potesse essere la soluzione giusta.» Le mie parole fluiscono via affannate, veloci, mentre mi guardo attorno. Un nuovo trambusto mi conferma che i miei fratelli sono arrivati, come previsto, nel momento migliore. Stanno lottando con le sentinelle, ma di certo i soldati si sarebbero riorganizzati. Dobbiamo andare via, e in fretta.
«Sei un pazzo, Arno Dorian…» mormora ancora lei, al mio orecchio. La sto prendendo in braccio per portarla lontano da quell’incubo.
«Io? Mi sembra che sia stata tu a condannarti a morte per una causa che non ti appartiene, Vesta» la rimbecco, fissando adesso i suoi occhi color dell’ambra. Sono lucidi, sembrano quasi brillare di luce propria e non mi sarei sorpreso se fosse stato davvero così. I raggi del crepuscolo giocano con le sue iridi inumane, che vogliono parlare al posto delle corde vocali.
«Non potevo lasciarti morire, idiota…» confessa con il suo solito modo gentile di dire le cose.
«E io non potevo lasciare morire voi, di grazia» la scimmiotto di rimando. Siamo fronte contro fronte. «Adesso ti porto al sicuro, così potrai riprendere le forze e tornare a casa…»
«Lontano da qui…» È tristezza ciò che sento tra le sue sillabe? No, non può essere, una dea non può avere delle remore a lasciare un luogo barbaro come questo, un luogo dove l’avrebbero martirizzata senza se e senza ma, un luogo che le ha procurato solo ferite e dolore.
La imbraccio meglio, facendo sì che la sua testa sia ben incastrata tra la mia spalla e il collo, al sicuro.
«Tieniti stretta più che puoi, d’accordo?»
La percepisco annuire e sento qualcosa di umido bagnare il colletto della mia camicia, poi afferra la mia giacca più forte che può e vedo le sue nocche farsi bianche per lo sforzo.
È rimasto davvero poco tempo, cancello l’idea che stia piangendo proprio adesso e non indugio oltre.
Allora corro, corro, corro a perdifiato, di nuovo, ma questa volta stringendo tra le braccia la mia vittoria, una persona cara che mi ha salvato la vita.
Corro, corro, corro a perdifiato verso un luogo sicuro, stringendo tra le braccia una dea venuta dalle stelle, tanto fragile adesso quanto forte è stata il giorno prima, quando ha annientato decine e decine di nemici.
Corro, corro, corro a perdifiato perché grazie a questo lei potrà tornare tra le stelle, lontano dal sudiciume di questo mondo, ma anche – e me ne rendo conto solo adesso, con rammarico – lontano da me.
Copyright @ 2020 Anne Louise Rachelle
Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
Cara Anne Louise, ed eccoci di nuovo qui a un nuovo appuntamento (sempre molto atteso, lo ammetto). Devo dire che il tema della FF è molto ampio quindi la scelta era sconfinata. Usare un videogame in effetti mi ha stupita e incuriosita. Conosco Unity anche se non ci ho mai giocato, ma ho amato la storia e i personaggi, a parte uno! L'evento in particolare, che hai dipinto è tra i miei preferiti, perché ricco di angst, attesa, suspense. Non è semplice descrivere delle scene tanto dinamiche in poche parole, ma tu sei stata bravissima a creare quell'atmosfera che ti rapisce e scaraventa in un uragano di emozioni adrenaliniche. E il finale? Devo dire, senza spoilerare, che la chicca originale l'ho adorata perché ha visto venir meno il personaggio che non avevo in simpatia. Quindi 10 e lode per aver saputo utilizzare una storia famosa e farne un gioiello tuo per stile e contenuti. L'emozione e la commozione mi hanno accompagnata per tutta la lettura fino all'ultima parola. Spero per loro ci sia un prosieguo. Mi piace immaginarli in un altro tempo, in un'altra storia in cui potranno amarsi e stare insieme (ma ovviamente questi sono desideri della me lettrice). Intanto, qui ti ringrazio per il tuo scritto meraviglioso! A presto!
RispondiEliminaScusate, come al solito faccio pasticci con i nomi. Sono Roberta!
EliminaNon conosco per niente questo gioco, ammetto la mia ignoranza si, quindi non posso dare un giudizio totale, ma quello che ho letto, leggendo come sempre i tuoi racconti (in anticipo per ovvie ragioni e sono felicissima di farlo <3) mi trasporti sempre con tanta facilità nelle tue storie. Sei bravissima e credo in te ma questo già lo sai <3 <3
RispondiEliminaCiao Anne Louise! Devo ammettere che non conosco per niente questo videogioco (non ne conosco nessuno, ad essere proprio sincera), però credo che ci voglia una certa abilità sulla carta per mescolare azione, storia e mitologia... e il tuo racconto, in questo senso, è davvero sorprendente! È una storia da leggere "tutta d'un fiato": si spera di arrivare presto al momento del salvataggio, ma giunti all'esito positivo si sente la necessità di tornare indietro per cogliere maggiori particolari. La Rivoluzione francese è un momento difficile della storia europea, ma ha il suo fascino... chissà, fossi stata fan di questo videogioco forse l'avrei scelta anche io!
RispondiEliminaPeccato che non ci sia anche un happy ending sentimentale, ma l'importante è portare a casa la pelle, no?
Complimenti per questa storia, è davvero originale e mi è proprio piaciuta! Alla prossima 🤗
Ciao. Conosco a grandi linee il gioco, non ho mai giocato però ho presente le trame e un po' come si svolge il tutto. Credo sia la prima volta che leggo una Fanfiction di un videogame e devo dire che mi è piaciuta. I giochi spesso sono fatti per giocare ma mi rendo conto che alcuni, in particolare questo, hanno una trama e una storia che va al di là della semplice missione da finire o dai punti guadagnati. Dunque ho apprezzato molto la tua storia, mi è piaciuto vedere il tutto in un'ottica diversa, e mentre leggevo avevo in mente le immagini del gioco. Hai creato un ritmo che secondo me è perfetto con i movimenti veloci che si vedono all'interno del gioco, quindi complimenti.
RispondiEliminaChris
Benché io non conosca il videogioco, la storia mi è piaciuta molto.
RispondiEliminaScelta originalissima, tra l'altro.
Ho adorato sia l'ambientazione sia il mood.
La velocità della prima parte dà un ritmo favoloso, del tutto in linea con un action game.
Ciao Anne Louise <3 Quanto ammiro la tua bravura. Non hai idea. Anche questa volta sei riuscita a dipingere questo racconto in modo impeccabile. Conosco per fama questo videogioco ma devo dire che leggendo il tuo racconto sono riuscita ad entrare perfettamente in sintonia con la storia e i personaggi, che ho trovato credibili e ben rappresentati, anche se non ti soffermi su di loro più del necessario. Trovo che proprio in questo si nasconda la tua bravura: riesci a dire l'essenziale senza mai cadere nel banale, e contemporaneamente da quel minimalismo crei mondi che il lettore man mano riesce a costruire nella testa come stesse guardando un film. E la cosa che più arriva, a mio avviso, è la parte emotiva: in tutti i tuoi racconti si empatizza con qualsiasi personaggio tiri in ballo, si sentono le loro stesse emozioni, come se la storia la stessi vivendo in prima persona. Ci vuole una grandissima bravura, e tu, cara mia, ce l'hai proprio! Sono felicissima di averti conosciuto! Un abbraccio e alla prossima storia :) Stephi
RispondiEliminaChe ritmo incalzante... Mi sembrava di essere lì e di vivere ogni colpo di scena e di provare ogni sensazione. Mi hai fatto entrare in questo mondo a me sconosciuto. Complimenti. Silvia di Silvia tra le righe.
RispondiEliminaGrazie a tutte per le meravigliosisssssime parole che mi avete regalato, sono davvero commossa!
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