Per iniziare bene la settimana oggi torna la Rubrica Storytelling Chronicles ma con una differenza perché da oggi non pubblicherò soltanto le mie storie, ma anche quelle di un'autrice emergente che ho avuto modo di leggere QUI Anne Loise Rachelle e che oggi ci regala il suo racconto.
Storytelling Chronicles è una Rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria in cui ogni mese i blog partecipanti scrivono un racconto su un tema scelto nel gruppo apposito. La grafica è invece a cura di Tania del blog My Crea Bookish KingdomL'argomento di questo mese è stata una scelta interessante perchè riguardava due immagini e la più votata è stata la seguente.
Come ho fatto io QUI l'argomento del mese era partire da questa immagine e creare una piccola storia ed ecco quindi quella di Anne Louise.
LA CASA SULL'ALBERO
Dieci anni. Erano
trascorsi dieci anni dall'ultima volta che avevo calpestato questo sentiero.
Ogni sassolino, ogni fronda, ogni foglia sembrava essere rimasta esattamente la
stessa. L’umidità della pioggia appena cessata pareva amplificare colori e
odori. Il profumo del muschio bagnato pungeva con prepotenza le mie narici,
mentre i raggi solari facevano brillare gli alberi come se fossero fatti di
cristallo colorato. Eppure, io lo sapevo, avevano la bellezza di una pietra
preziosa ma erano brulicanti di vita.
Era mattina inoltrata quando ero riuscito a ordinare al mio corpo di trascinarsi fin quaggiù. Non che fosse poi così lontano da casa, al contrario, la macchia boschiva delimitava la piccola proprietà appartenuta ai miei genitori e finita in eredità al sottoscritto. Circondava la costruzione come un bozzolo amorevole, proteggendola dal troppo caldo e dai venti gelidi del Nord. Quand'ero un bambino mi avevano raccontato decine di storie, alcune incantevoli altre incentrate su terribili fantasmi. Temevano per la mia incolumità e come dargli torto? Non avevo mai creduto alle loro intimidazioni, forse perché percepivo un richiamo a cui non ero mai riuscito a dare un nome? La prima volta che ero sfuggito al ferreo controllo dei miei genitori mi ero procurato la mia prima cicatrice: un bel taglio sul sopracciglio destro. Ero inciampato su una radice emersa mentre correvo in preda all'euforia della trasgressione. Un vero campione, non credete? Dopo quell'avventura non proprio piacevole, considerate le ramanzine che dovetti sorbirmi per giorni, avevo lasciato che i mesi trascorressero placidi, senza però smettere di udire il richiamo. Che sciocchezza! Ero certo che metà del fascino che vi scorgevo dipendesse esclusivamente del divieto di poterci andare a piacimento. Scossi il capo con un sorriso amaro sulle labbra. Non sapevo per quale ragione stessi tornando lì ma come allora, sentivo dentro di me la necessità di ritrovare quel posto e non avevo avuto la forza di rinunciare, anche se la mia razionalità mi dava del sentimentale, dell'infantibile e... vi risparmio gli epiteti più coloriti.
I miei piedi conoscevano la strada tanto bene da non accorgermi di essermi completamente perso nei pensieri. Neanche il dolore agli arti e alla schiena riusciva a distogliermi dal mio obiettivo, non era forse questo il miglior pregio che i miei superiori avevano sempre elogiato? Tenace, ero dannatamente tenace e sì, anche testardo e impulsivo quando la situazione me lo permetteva. In ogni caso, negli anni ero riuscito a smussare i lati negativi del mio carattere, affinando quelli che avrebbero potuto agevolarmi nel mio lavoro. Vi chiederete allora quale sia il mio impiego, o meglio quale fosse fino a sette mesi fa. Ebbene, ero uno stimato sottufficiale della Marina Militare degli Stati Uniti D'America. Adesso? Un decorato sottufficiale in congedo permanente. Congedato con onore, con una medaglia che pesava molto più dello zaino tattico che mi ero portato in giro per anni, badate bene, di conseguenza non dovrei essere grato al destino? Ad altri era andata molto peggio, ciò nonostante non riuscivo a trovare alcuna consolazione. Anzi, semmai rendeva il tutto più difficile… assurdo… impossibile.
Una fitta al ginocchio mi costrinse a fermarmi per riprendere fiato. Ma solo per un attimo. Dovevo arrivare fino in fondo a quella follia.
Era mattina inoltrata quando ero riuscito a ordinare al mio corpo di trascinarsi fin quaggiù. Non che fosse poi così lontano da casa, al contrario, la macchia boschiva delimitava la piccola proprietà appartenuta ai miei genitori e finita in eredità al sottoscritto. Circondava la costruzione come un bozzolo amorevole, proteggendola dal troppo caldo e dai venti gelidi del Nord. Quand'ero un bambino mi avevano raccontato decine di storie, alcune incantevoli altre incentrate su terribili fantasmi. Temevano per la mia incolumità e come dargli torto? Non avevo mai creduto alle loro intimidazioni, forse perché percepivo un richiamo a cui non ero mai riuscito a dare un nome? La prima volta che ero sfuggito al ferreo controllo dei miei genitori mi ero procurato la mia prima cicatrice: un bel taglio sul sopracciglio destro. Ero inciampato su una radice emersa mentre correvo in preda all'euforia della trasgressione. Un vero campione, non credete? Dopo quell'avventura non proprio piacevole, considerate le ramanzine che dovetti sorbirmi per giorni, avevo lasciato che i mesi trascorressero placidi, senza però smettere di udire il richiamo. Che sciocchezza! Ero certo che metà del fascino che vi scorgevo dipendesse esclusivamente del divieto di poterci andare a piacimento. Scossi il capo con un sorriso amaro sulle labbra. Non sapevo per quale ragione stessi tornando lì ma come allora, sentivo dentro di me la necessità di ritrovare quel posto e non avevo avuto la forza di rinunciare, anche se la mia razionalità mi dava del sentimentale, dell'infantibile e... vi risparmio gli epiteti più coloriti.
I miei piedi conoscevano la strada tanto bene da non accorgermi di essermi completamente perso nei pensieri. Neanche il dolore agli arti e alla schiena riusciva a distogliermi dal mio obiettivo, non era forse questo il miglior pregio che i miei superiori avevano sempre elogiato? Tenace, ero dannatamente tenace e sì, anche testardo e impulsivo quando la situazione me lo permetteva. In ogni caso, negli anni ero riuscito a smussare i lati negativi del mio carattere, affinando quelli che avrebbero potuto agevolarmi nel mio lavoro. Vi chiederete allora quale sia il mio impiego, o meglio quale fosse fino a sette mesi fa. Ebbene, ero uno stimato sottufficiale della Marina Militare degli Stati Uniti D'America. Adesso? Un decorato sottufficiale in congedo permanente. Congedato con onore, con una medaglia che pesava molto più dello zaino tattico che mi ero portato in giro per anni, badate bene, di conseguenza non dovrei essere grato al destino? Ad altri era andata molto peggio, ciò nonostante non riuscivo a trovare alcuna consolazione. Anzi, semmai rendeva il tutto più difficile… assurdo… impossibile.
Una fitta al ginocchio mi costrinse a fermarmi per riprendere fiato. Ma solo per un attimo. Dovevo arrivare fino in fondo a quella follia.
Trascinai le gambe per l'ultimo tratto di sentiero che presto sarebbe terminato, lasciando il posto a un pezzo erboso e decisamente sterrato. Tuttavia, mi sorpresi a continuare lungo un viottolo che non ricordavo. Le sterpaglie erano state spostate ai lati e delle grosse pietre delimitavano il passaggio. Non c'era traccia di presenza umana, né di cartelli che potessero indicare una qualche riqualificazione dell'area. Il resto era proprio come lo avevo lasciato, tutti gli alberi secolari erano lì a proteggermi dal sole che tentava di filtrare tra le fronde fitte fitte. La curiosità mi spinse ad aumentare l'andatura, mandando al diavolo il dolore. Quando giunsi alla minuscola radura fui costretto a formare una O con la bocca tanto era grande la sorpresa: il mio rifugio era stato scoperto.
Chi aveva avuto l’audacia di spingersi fin qui? Oltre la mia casa, le uniche abitazioni erano distanti chilometri. Che ne fossero state costruite di altre senza che ne fossi a conoscenza? Forse… ma comunque ci sarebbe voluta una
camminata ben più lunga della mia per arrivare a destinazione e un bel po' di
fatica per trasformare un rudere di legno in una vera casa sull'albero. Avevo
lasciato quattro assi in croce e mi ritrovavo di fronte un piccolo gioiello
incastonato fra i rami di un castagno secolare. Mi stropicciavo gli occhi per
convincermi di non stare sognando, ma subito dopo iniziai a guardarmi intorno
con circospezione. Il bosco era silenzioso se non si teneva conto dei suoi
rumori naturali, il responsabile di tutto questo non doveva essere nei paraggi.
Ripensai alla strada e alla totale assenza di cartelli segnaletici, di sicuro
non era un luogo turistico ma non poteva essere neppure privato visto che il
terreno era demaniale.
“Ahhhh, al diavolo!” imprecai nella mia mente, dovevo smetterla di razionalizzare ogni
dannata cosa, volevo vedere meglio quello che un tempo era il posto dove
trascorrevo giornate intere e non c'era nessuna legge che me lo vietava! La
scaletta che portava all'ingresso era incassata nei rami, tutt'altra cosa
rispetto alla scala di corda che ricordavo, quante volte avevo rischiato di
rompermi l'osso del collo cadendo giù? Uno strano sorriso scalzò via l'amarezza
di poco prima, subito dopo mi ressi alla fune che faceva da passamano e cominciai
a inerpicarmi su per gli scalini. Fu una vera e propria scalata, non perché
fosse inaccessibile, anzi sette mesi prima sarebbe stata una passeggiata. Già,
sette mesi prima. Non volevo rovinarmi il momento, perciò scacciai via ogni altro
pensiero assieme alle gocce di sudore che iniziavano a imperlare le tempie. Costrinsi
il mio corpo a tacere e fu così che arrivai all’entrata del piccolo antro di
legno. Sfiorai con le dita lo stipite ad arco, il legno era grezzo ma sulla
superficie, a formare una specie di cornice, erano stati incisi dei fiori di
ogni foggia. Seguii i loro contorni come se potessi sentirne addirittura il profumo.
Con una mano leggermente tremante aprii la porta, non c'era alcuna serratura a proteggerla. Chi l'aveva scovata era consapevole che non era così semplice raggiungerla, neppure per caso, infatti io ci ero arrivato solo perché conoscevo bene la strada.
Una volta dentro, la sorpresa aumentò lasciandomi senza respiro. Non avevo idea del perché questo mutamento drastico mi suscitasse emozioni che credevo non avrei mai più provato. Ero certo che dopo quanto avevo visto nella mia breve ma intensa vita nulla sarebbe stato in grado di farmi battere il cuore come un tamburo, di farmi sudare le mani per l’ansia, di farmi spingere oltre ogni limite senza il senso del dovere a farla da padrone. E invece...
Con una mano leggermente tremante aprii la porta, non c'era alcuna serratura a proteggerla. Chi l'aveva scovata era consapevole che non era così semplice raggiungerla, neppure per caso, infatti io ci ero arrivato solo perché conoscevo bene la strada.
Una volta dentro, la sorpresa aumentò lasciandomi senza respiro. Non avevo idea del perché questo mutamento drastico mi suscitasse emozioni che credevo non avrei mai più provato. Ero certo che dopo quanto avevo visto nella mia breve ma intensa vita nulla sarebbe stato in grado di farmi battere il cuore come un tamburo, di farmi sudare le mani per l’ansia, di farmi spingere oltre ogni limite senza il senso del dovere a farla da padrone. E invece...
L’interno
della casetta pareva più angusto rispetto a quanto ricordassi ma la sensazione
era certamente dovuta alla serie di scaffali ricolmi di libri che tempestavano
ognuna delle quattro pareti. I volumi erano il principale arredamento assieme a
pouf colorati, un tavolinetto basso ma ampio, un minuscolo angolo cottura fornito
di gas e, lo notai qualche attimo dopo, un piccolo generatore di energia
elettrica. Ma dove diavolo ero finito? Sembrava il rifugio dei folletti di una
delle fiabe antiche che nonna mi raccontava quand’ero ancora troppo ingenuo per
capire che erano tutte superstizioni e fantasie. Semmai avesse potuto udire le
mie ciniche riflessioni, la mia cara nonnina sarebbe morta per la seconda volta.
Avanzai e la stanchezza sembrò diventare un macigno pesante sulle spalle, le gambe tremavano incapaci di sostenere il mio peso. Mi appoggiai a uno scaffale, prima di accasciarmi lentamente al suolo. Avevo esagerato, sì, non potevo chiedere così tanto a un fisico ormai da rottamare. Ritornare subito a casa era fuori discussione, mi sarei di certo rotto il famoso osso del collo se avessi provato a ridiscendere la scaletta. Perciò, presi una decisione razionale per quanto rischiosa: avrei riposato un po’, avrei ripreso le forze necessarie a togliere il disturbo e avrei dimenticato questo posto: non era più il mio rifugio, era diventato di qualcun altro. Era pazzesco, qui avevo trascorso la maggior parte dei miei pomeriggi assolati e ora mi sentivo un dannato intruso, anche se...
Non mi resi conto che piano piano le palpebre si abbassavano, assecondando l’inusuale sensazione di tepore che pareva aleggiare tutt’intorno. Era la fatica a giocarmi brutti scherzi? Oppure il desiderio di tornare indietro e ritrovare quel bambino pieno di speranza e fantasia che ero stato? Non feci in tempo a darmi una risposta, poiché caddi in un sonno strano, una specie di dormiveglia che mi accompagnò in un luogo senza incubi e sofferenza.
Avanzai e la stanchezza sembrò diventare un macigno pesante sulle spalle, le gambe tremavano incapaci di sostenere il mio peso. Mi appoggiai a uno scaffale, prima di accasciarmi lentamente al suolo. Avevo esagerato, sì, non potevo chiedere così tanto a un fisico ormai da rottamare. Ritornare subito a casa era fuori discussione, mi sarei di certo rotto il famoso osso del collo se avessi provato a ridiscendere la scaletta. Perciò, presi una decisione razionale per quanto rischiosa: avrei riposato un po’, avrei ripreso le forze necessarie a togliere il disturbo e avrei dimenticato questo posto: non era più il mio rifugio, era diventato di qualcun altro. Era pazzesco, qui avevo trascorso la maggior parte dei miei pomeriggi assolati e ora mi sentivo un dannato intruso, anche se...
Non mi resi conto che piano piano le palpebre si abbassavano, assecondando l’inusuale sensazione di tepore che pareva aleggiare tutt’intorno. Era la fatica a giocarmi brutti scherzi? Oppure il desiderio di tornare indietro e ritrovare quel bambino pieno di speranza e fantasia che ero stato? Non feci in tempo a darmi una risposta, poiché caddi in un sonno strano, una specie di dormiveglia che mi accompagnò in un luogo senza incubi e sofferenza.
***
"Cosa faccio, cosa faccio, cosa faccio?!" Avevo la tachicardia, la pelle d’oca e faticavo a respirare. La mazza da baseball che tenevo in un angolo per una fantomatica difesa adesso rischiava di scivolarmi via dalle dita. Non credevo che avrei dovuto usarla, avevo semplicemente ceduto ai troppi film thriller divorati nelle mie solite maratone cinematografiche.
Dovevo restare calma e mantenere il sangue freddo! Se quell’uomo avesse voluto farmi del male di certo non si sarebbe addormentato nel bel mezzo di un appostamento, no? E non sembrava neppure un senzatetto, i suoi abiti era ordinati e puliti. Forse aveva camminato troppo per il bosco e si era perso? Nessun forestiero sano di mente però si sarebbe avventurato nel folto degli alberi senza conoscere la strada. “Oh diamine, diamine, diamine!” Cosa dovevo fare? Svegliarlo? Fargli domande? Chiamare qualcuno? Ma chi…? Non volevo rivelare questo posto a nessuno, era stato il mio rifugio per anni e adesso non volevo perderlo. Qui avevo trasferito tutta la mia vita, impresso tutta la mia passione per il legno, rinchiuso tutte le mie paure.
No, non avrei chiesto aiuto, me la sarei cavata da sola, come sempre!
Con la punta della mazza stuzzicai la spalla del tipo, stando attenta a mantenere una certa distanza di sicurezza. Il movimento febbrile sotto le palpebre chiuse mi informava che non era più tranquillo, nonostante ciò non accennava a svegliarsi. Mi incuriosii, abbandonando solo per un attimo la mia circospezione. Mi rannicchiai a pochi passi e fissai meglio il volto vissuto dell'uomo: era giovane, non superava i trent'anni, ma i lineamenti avevano qualcosa di antico e non era colpa delle cicatrici che potevo intravedere qui e lì. La barba di qualche giorno era curata, i capelli molto corti avevano un taglio militare e la sua mole, beh, non aveva nulla da invidiare a un lottatore professionista; tuttavia, il suo pallore non deponeva bene per il suo stato di salute. Repressi a forza l’istinto di toccargli la fronte per verificare se avesse la febbre, era davvero una cosa troppo sciocca. Col suo corpo pareva riempire buona parte della stanza, benché fosse raggomitolato quasi in posizione fetale e il bel viso era sempre più spesso attraversato da spasmi sospetti. Che stesse facendo un brutto sogno? Oh, di certo non avrebbe avuto un bel risveglio! L'ora di osservazione era finita, adesso bisognava passare ai fatti.
«Ma sei impazzito?! Mi hai quasi soffocata!!!» Avevo tentato di urlare, ma il tono era uscito gracchiante, ciò nonostante non ci riprovai, non dopo aver notato l’espressione sperduta dell'uomo. Si era guardato intorno come se fosse stato catapultato di colpo in un'altra realtà e poi era tornato a fissarmi con un’aria tanto contrita da far volatilizzare dalla mia mente la possibilità che fosse un criminale. Un malintenzionato non si sarebbe trascinato lontano da me, per quanto l'angusto perimetro gli permetteva; non avrebbe respirato affannosamente in cerca di aria; non si sarebbe poi stretto nel suo giubbino troppo leggero per l’aria frizzante dell'imbrunire.
«Da quanto sei qui?» gli chiesi spontaneamente, muovendomi subito dopo per attivare il generatore, accendendo una mini stufetta e le luminarie con cui avevo decorato l'interno della casa. Una luminescenza aranciata e soffusa si profuse nell'ambiente e potei vederla riflessa nello sguardo meravigliato dello sconosciuto. Poi tornai a rannicchiarmi a poca distanza da lui, non mi faceva paura, non poteva con quell’aria trasognata che lo faceva sembrare un ragazzino.
«L’ultima volta che sono stato qui era sera, avevo acceso un paio di candele e qualche torcia. Non volevo partire senza aver salutato questo posto. E adesso, anche se molto diverso, mi sembra di rivivere la stessa atmosfera…» Uno strano batticuore mi colse nell'udire la sua voce: era bassa, graffiata, come se provenisse da un posto lontano o come se la usasse molto di rado.
«Manchi da molto mi sa…» mormorai piano, ripensando alla notte di tempesta di quasi otto anni prima, quando mi ero rifugiata in un rudere, che poi avevo trasformato nel mio piccolo angolo di paradiso. «Oh allora… aspetta!» Presa da una frenesia che non sapevo spiegarmi mi lanciai verso una minuscola cassettiera in cui riponevo oggetti utili all'incisione del legno. Tirai fuori quasi tutto il contenuto prima di trovare ciò che cercavo: un cofanetto di cui mi ero quasi dimenticata. Lo afferrai e lo porsi ancora trafelata all'uomo che continuava a guardarmi stranito. «Questo dev'essere tuo…» Perché lo fissavo trepidante? In fondo sapevo bene cosa ci fosse all’interno, avevo esaminato ogni oggetto per giorni per capire di chi fossero prima di riporli via senza aver trovato alcuna soluzione. Lui non accennò ad aprirlo, limitandosi ad artigliarlo con le dita fino a farsi sbiancare le nocche. Avevo fantasticato molto sul suo proprietario ma non potevo davvero credere che un giorno lo avrei incontrato.
«Dieci anni…»
«Uh… cosa?» chiesi turbata.
«Sono passati dieci anni dall'ultima volta che sono stato qui» mi rispose in un sussurro, stringendo ancora il cofanetto e riportando il suo sguardo su di me. Non riuscivo a sondarlo! Sembrava stesse vivendo un momento allucinante, a metà tra il sogno e la realtà.
«Dev’essere stato strano ritrovarlo così…» ridacchiai un po' imbarazzata, guardandomi intorno e quasi notando per la prima volta quanto fosse cambiato. Avevo la sensazione di aver invaso un territorio proibito, anche se non era davvero così. Scossi il capo per scacciare quella strana sensazione, lasciando che ciocche di capelli color del fuoco catturassero i riflessi caldi delle luminarie. Cercavo di tenerli a bada con elastici e fermagli, ma riuscivano sempre a ribellarsi, che strazio!
Era troppo tardi quando mi accorsi della mano dello sconosciuto, vicinissima al mio viso. Con un dito imprigionò una ciocca e la portò ordinatamente dietro l’orecchio. Era stato un gesto casuale, quasi automatico, ma che mi fece rabbrividire... e non in senso negativo.
«Chi sei…?» diedi voce ai miei dubbi senza neppure rendermene conto. I nostri sguardi assurdamente complici, le mie mani strette in morse spasmodiche, il desiderio comune di conoscere ciò che si celava dietro tutto questo.
«Mi chiamo Connor…» rispose così, con naturalezza, come se ci fossimo incontrati al tavolino di un bar, anche se la mia domanda andava ben oltre la richiesta di un semplice nome di battesimo.
«Morrigan, io sono Morrigan!»
La piccola casa incastonata in un castagno secolare, immersa in un bosco frondoso che si diceva incantato, era stato il punto di partenza. Nessuno dei due sapeva quale sarebbe stata la meta, solo il destino avrebbe deciso per loro, un destino alla fine non troppo crudele. O cosi almeno silenziosamente speravano: solo il tempo avrebbe potuto svelare la trama di quell’inattesa magia. E il tempo giocava a loro vantaggio...
Il racconto è terminato, cosa ne pensate della storia di Anne Louise?
Vi aspetto nei commenti
Copyright @ 2020 Anne Louise Rachelle
Questo racconto è un’opera di fantasia . Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto dell’immaginazione dell’autrice o se reali , sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
Secondo me questo racconto potrebbe tranquillamente essere un incipit per un libro vero e proprio e mi è piaciuto molto.
RispondiEliminaHo apprezzato tanto anche il valore che ha dato all'immagine come se fosse un viaggio lungo da percorrere per arrivare a un finale imprevisto.
Lo stile mi piace come anche l'atmosfera che si è creata nella ricerca del protagonista della sua pace e quando ha capito che quella pace era stata "contaminata" da qualcun altro poveretto, ma forse insieme possono trovare un accordo convincente per entrambi. Sarei curiosa di sapere cosa succede ora
Grazie per le tue parole Susy! In effetti non credo che Connor e Morrigan avranno molta pace, mi sono affezionata fin da subito e non sono molto brava a lasciare andare i personaggi ahaha Il mio desiderio sarebbe proprio quello di continuare a conoscerli - io per prima - magari gli darò qualche altra occasione! Sono molto felice che il racconto ti sia piaciuto
EliminaDavvero ben scritto e costruito con cura. Hai saputo creare una bella aura di mistero intorno a Connor, lasciandomi però intuire le cose importanti, quelle che lo caratterizzano in questo frangente. Si percepisce in modo chiaro che nell'uomo c'è un mondo vastissimo, tutto da esplorare. Ho sentito il desiderio di tuffarmici, ma il non averlo potuto fare non ha creato alcun disappunto, poiché le fantasie, le congetture personali cui la tua scrittura lascia spazio, e verso le quali mi sono sentita guidata da mano leggera, mi hanno permesso, ovviamente a modo mio, di abbracciare il concreto da te creato e diventare un tutt'uno con la storia. Mi è piaciuta molto la tua idea di creare una sorta di mondo magico racchiuso in una casa sull'albero: da una parte, mi sono sentita trasportata in una piccola favola, dall'altra c'è sempre stato il contrasto con la probabile storia personale di Connor a tenermi ancorata a una realtà che di fiabesco penso abbia poco. Un chiasmo pari a quello delle sculture greche, misurato e preciso al punto di essere in bellavista e invisibile al tempo stesso.
RispondiEliminaLo stile è scorrevole, coinvolgente, diretto, senza errori.
Che dire? Bravissima.
Ciao Debora! Ammetto che ho letto e riletto il tuo commento un sacco di volte prima di rispondere. Come sai, è il mio primo "appuntamento" con questa rubrica e per dircela tutta è tra le primissime cose che pubblico da quando ho deciso di rimettermi in gioco dopo anni di blocco... Perciò, leggere le tue parole mi ha lasciata senza fiato, commossa, emozionata! Forse sembra eccessivo lo so, ma non posso farci molto e per questo bellissimo momento che mi hai dato ti ringrazio tantissimo!
EliminaSono contenta che ti sia piaciuto, cogliendo allo stesso tempo, tutte le sfumature che volevo arrivassero a destinazione. Mi hai fatto venire la pelle d'oca credimi. Ok, adesso la smetto, volevo solo ringraziarti ecco tutto... <3 <3 <3
È un bellissimo racconto! Coinvolge e invita ad essere letto, scorre semplice ma mai banale, e soprattutto suscita curiosità, cosa mai scontata quando si scrive! Concordo con Susy quando dice che potrebbe benissimo trattarsi dell'incipit di un libro, idea che tra l'altro mi sembra rafforzi tu stessa con le frasi di chiusura. E ti dirò di più: mi piacerebbe leggerlo, questo continuo! Credo tu sia riuscita perfettamente a inserire nella narrazione l'immagine scelta per la sfida di questo mese, e ritengo che il collegamento con la casa sull'albero renda ancor più suggestivo il tutto: chi di noi non ha mai sognato di averne una? Gran bel lavoro, davvero! Sarà un piacere leggere i tuoi prossimi racconti! A presto, Stephi
RispondiEliminaGrazie Stephi! Il tuo commento mi ha riempita di gioia 😳
EliminaDi sicuro rivedremo Connor e Morrigan, chissà forse non ci vorrà nemmeno troppo 😍 Sono contenta che ti abbia incuriosita e grazie ancora per le tue parole!
Ciao Anne Louise! Inizio col dirti che sono d'accordo con Susy: questo racconto funzionerebbe benissimo anche come incipit di un romanzo.
RispondiEliminaInoltre, la lunghezza è discreta, ma la storia non annoia affatto e non ha tempi morti, anzi, riserva molte sorprese, soprattutto nella parte finale. Mi è piaciuta molto la prima parte, quella narrata dal punto di vista di Connor, in cui fai emergere a poco a poco informazioni su questo personaggio, che comunque resta avvolto da un po' di mistero, forse perché si porta dietro un passato ingombrante. Quanto a Morrigan, non ho capito subito che si trattava di una giovane donna… non so perché, ho pensato che il nuovo abitante della casa sull'albero fosse un adolescente appassionato di libri, quindi è stata una sorpresa… e, anche in questo caso, sei stata abile nello svelare il personaggio gradualmente.
Lo stile è corretto e scorrevole, e mi sono piaciuti molto i termini che hai utilizzato per descrivere la foresta.
Complimenti, la tua storia mi è davvero piaciuta! A presto :-)
Silvia, grazie infinite! Sì, mi è piaciuto molto giocare sulla vena di mistero che non si scioglie neppure al termine del racconto. In realtà non sono brava a scrivere piccole storie, quindi quando mi vengono in mente dei personaggi la storia che li riguarda alla fine diventa sempre più complessa di quel che vorrei 😱 Da qui l'idea di dar vita a diversi episodi sulla base delle tematiche che me lo permetteranno. È una sfida anche questa per me! Sono molto felice che ti sia piaciuta la descrizione della foresta, perché di solito sono il mio punto debole le descrizioni...!!! Alla prossima allora e ancora grazie mille 💜
EliminaPrima di tutto, complimenti per la tua scrittura. Non è da tutti riuscire a raccontare in prima persona e in più anche dal punto di vista del sesso opposto. Secondo, ho trovato le descrizioni magnifiche, un'alternarsi di dettagli e mistero. Il tuo racconto mi è piaciuto così tanto che, arrivata alla fine, ci sono rimasta male. Avrei voluto leggere ancora di loro. E sono d'accordo con le altre, penso che questo potrebbe essere l'inizio di una storia bellissima.
RispondiEliminaGrazie Tania! Le tue parole mi inorgogliscono e mettono un altro mattoncino sull'emelemnto autostima che sto cercando di curare un po' �� Sei stata molto dolce, grazie grazie grazie! Ti posso dire che rivedremo presto Morrigan e Connor ��
RispondiEliminaÈ proprio questo il brutto di invitare brave autrici a una rubrica di scrittura creativa: anche se sono al loro primo appuntamento, partono col botto e ti ritrovi a invidiarle da capo a piedi AHAHAH Perciò, ti accolgo nella mia rubrica piccina picciò con i più grandi e sentiti complimenti <3 Hai davvero talento, sebbene tu sia entrata nel mondo degli autori di libri da pochissimo tempo :3 Per arrivare a una naturalezza e una semplicità simili, io probabilmente dovrei sperare di avere parecchie vite a disposizione, come i gatti :P ahahah
RispondiEliminaUna cosina mi ha destabilizzato, però, lo ammetto. Parlo del cambio di voce narrante. Tanto per andare sul sicuro e fugare i dubbi di chi, come me, a volte si perde in un bicchiere d'acqua mezzo vuoto, ti consiglio di apporre il nome del personaggio a cui decidi di regalare spazio nell'attimo in cui lasci che la sua prima persona prenda il sopravvento e racconti la storia dal suo punto di vista ;)
P.S.: Sono contenta che sia l'inizio di qualcosa di più esteso, sai? Ci sono tanti elementi lasciati volutamente misteriosi dal tua sadica persona di cui voglio conoscere ogni singolo dettaglio, da qui fino all'eternità <3 Ergo, muoviti e mettiti all'opera che io sto aspettando U_U ahahahha :k
Ecccomi, finalmente ho abbastanza internet per rispondere, sono stati giorni un po' caotici! Perciò arrivo direttamente qui per ringraziarti con tutto il cuore per il bellissimo commento! Credimi l'ho letto una decina di volte e tutte con una grande emozione! Sono strafelice che ti sia piaciuto, ma più che il racconto in sé, che ti sia piaciuto lo stile... Insomma dopo Sunrise ne sono passati di anni e grazie a questa rubrica sto sperimentando una specie di nuovo esordio, quindi per me è davvero molto molto importante il tuo parere in primis e di coloro che hanno letto il mio romanzo "giovanile".
EliminaTerrò a mente il tuo consiglio di indicare il cambio di Pov, con loro ho iniziato a sperimentare la prima persona con Pov alternato quindi non ci ho pensato proprio �������� Comunque nulla, volevo solo dirti ancora grazie è stata una bellissima sorpresa trovarlo ��
Ciao. Complimenti per la storia ben scritta e per come hai usato l'immagine. Il tutto è stato quasi magico, un mondo fori dalla realtà che conosciamo, una specie di rifugio per ogni lettore. I due personaggi mi hanno incuriosito molto, lui con il suo passato da rigido militare, un presente un po' misterioso, un po' alla ricerca di se stesso credo e lei che per il momento rimane ancora un mistero. Sono molto curiosa e mi piacerebbe leggere altro di loro due, capire cosa succede a lui perché ho come l'impressione che nasconda qualcosa, chi sia lei e perché è lì e ovviamente come potrebbe andare avanti il loro rapporto.
RispondiEliminaComplimenti ancora, a presto.
Ciao!!! Grazie per le bellissime parole che mi ha regalato. Il loro viaggio è appena iniziato e sono felice di poter continuare a scrivere di loro. La casa sull'albero è una piccola metafora, sono felice che ti abbia colpito!!! Morrigan ha le sue piccole particolarità, che potrai leggere presto presto. Alla prossima e grazie ancora!
RispondiEliminaGrazie infinite Christine! Spero presto di poter colmare un po' della curiosità che ti ha lasciato il racconto, sono felice che tu lo abbia apprezzato! Alla prossima e grazie ancora.
RispondiEliminaVorrei leggere qualcosa in più su Morrigan e Connor.
RispondiEliminaIl racconto è insolito e lascia molti punti in sospeso. Il "chi sei" finale la dice lunga su quanto ci sia ancora da rivelare e mi fa ben sperare.
Mi auguro davvero di conoscere tutta la storia di questi due protagonisti che amano isolarsi in una casa sull'albero.
Spero nel racconto di maggio di aver soddisfatto un po' della tua curiosità! ;)
EliminaChe bello poter leggere nuovamente qualcosa di tuo Anne Louise! Devo dire che la tua scrittura ha subito un'evoluzione incredibile, sono riuscita ad entrare perfettamente nelle scene appena descritte e con questo devo dire che vorrei al più presto leggere qualche cosa di più su questo strano rapporto fra Connor e Morrigan. Un incipit accattivante che mi ha lasciato una terribile sete di informazioni. Complimenti, brava! A presto.
RispondiEliminaCiao Sabriiii, che bello ritrovarti qui! Sono felice che tu abbia apprezzato questo mio piccolo nuovo esordio. Sono passati anni da Sunrise, è vero, ma la paura di non "arrivare" c'è sempre. Perciò mi rincuori tantissimo... Grazie mille per essere passata!
EliminaCiao. Sono Silvia di Silvia tra le righe. Complimenti. Hai scritto un racconto meraviglioso. Mi sono piaciuti moltissimo i due protagonisti. Mi è piaciuto molto il modo in cui hai inserito la foto di Lara nel racconto. Il tuo stile è scorrevole e davvero molto piacevole. Complimenti
RispondiEliminaGrazie mille per le tue bellissime parole, Silvia! Spero che apprezzerai anche il seguito. A prestissimo
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