Concludiamo la settimana con una lettura bella tosta che tratta un argomento sempre attuale.
Ringrazio la Solferino per la copia omaggio.
Trama
Vichy, 1942. Dal pulpito della chiesa, padre Charles esorta i fedeli a segnalare alla gendarmeria gli ebrei apolidi, che devono essere allontanati per il bene del Paese. Constantin Millon, tipografo, torna a casa turbato: è davvero questa la cosa giusta? Gli amici al bistrot sono sicuri di sì: senza ebrei staranno tutti meglio, ci saranno più lavoro e più soldi per tutti e la Francia sarà restituita ai francesi. Ma Constantin, che pure non si è mai interessato di politica, comincia a provare un sottile disagio, che infine esplode in aperta discussione con la moglie Rose quando la loro amata figlia, Jeannine, rivela di avere una carissima amica ebrea, Ester. Può continuare a frequentarla? Rose non ha dubbi: certo che no. Ma il marito esita, la piccola crepa che si è aperta nella sua mente si allarga via via che arrivano voci sul trattamento riservato agli ebrei. Finché Jeannine sparisce e il sospetto che sia stata presa insieme a Ester in un rastrellamento, e deportata in Germania, diventa pian piano certezza. È ancora possibile salvarla? Ora Constantin, l’uomo incapace di slanci e che si definisce «un pezzo degli scacchi dal colore incerto, né bianco né nero, un pezzo fuori dal gioco», è stato toccato dalla Storia e non può più restare a guardare. Deve agire. E l’incontro con un vecchio prete dalla fede vacillante sarà determinante per il suo futuro. La storia del tipografo Millon è la storia di una ricerca e di una presa di coscienza che sono il contrario dell’eroismo: improvvisate e riluttanti, piene di umanissimi dubbi. Ma proprio per questo è una storia avvincente e che parla a ogni tempo: perché magistralmente disegna le incertezze e le paure di tutti di fronte al Male, la tentazione della resa, le conseguenze del coraggio.
Penso che di storie del genere non se ne abbia mai abbastanza, abbiamo davvero tutti bisogno di ricordarci quanto siamo fortunati, a volte ci lasciamo condizionare da sciocchezze, ci lamentiamo pur avendo tutto e invece persone come i protagonisti di questa storia hanno visto la morte in faccia tantissime volte e non sempre è finita bene.
Forse qualcuno storcerà il naso perchè penserà all'ennesimo libro sugli ebrei, ma io penso invece che più conosciamo il nostro passato, più veniamo a patti col fatto che questa realtà è realmente accaduta e più ci rendiamo conto che non tutti hanno avuto la fortuna di crescere nell'epoca giusta.
Sì, perchè a quei tempi tutto era difficile e non dico che adesso sia più facile. Ancora oggi esistono altri tipi di discrimazioni, ancora adesso purtroppo esiste un pregiudizio assurdo su alcuni concetti, ancora adesso nonostante siamo ormai nel 2024 si vede l'ignoranza che regna sovrana, ma nel periodo della seconda guerra mondiale c'era una cattiveria e una crudeltà che spero non vedremo mai perchè è stata davvero brutto e un pensiero va sicuramente a tutti coloro che l'hanno vissuta, che non ce l'hanno fatta e a quei sopravvissuti che sono riusciti a raccontare le loro vicende.
Questo titolo mi aveva incuriosito subito non solo per la tematica trattata ma anche perchè mi dava l'idea di rappresentare un po' di speranza in un mondo assurdo dove essere ebrei significava morire all'istante, forse morte preferibile, o andare in quegli orribili campi di concentramento dove si perdeva la testa prima della vita stessa.
Un piccolo appunto devo farlo alla narrazione, purtroppo per mio gusto personale non mi ha entusiasmato tanto e questo ha penalizzato una lettura che secondo me poteva avere più potenziale da questo punto di vista. Non sono una fan dei pochi dialoghi, mi piacciono perchè riescono a rendere la storia più interessante, per quanto ci sia una narrazione in prima persona e devo dire che il protagonista maschile mi è piaciuto molto come abbia raccontato la storia secondo me se avesse usato non il raccontato ma avrebbe mostrato cosa dicevano le persone attorno a lui, sarebbe stato sicuramente più scorrevole e meno prolisso.
Mio parere personale ovviamente, poi magari c'è invece chi apprezza questo tipo di scrittura e ne resterà coinvolto lo stesso, io per mio gusto soggettivo devo dire che ho faticato non poco e mi dispiace perchè la storia è davvero interessante non solo per l'ambientazione storica che come dicevo non cessa mai di apparirmi importante, ma per ciò che rappresenta.
Bisogna schierarsi, scegliere da che parte stare e questo significava anche voltare le spalle alle persone che conoscevi da tutta una vita. In un certo senso è da qui che comincia il cambiamento tra queste pagine, vediamo come la tipografia assume un ruolo importante, vediamo come le cose lentamente possono essere cambiate grazie al coraggio di decide di pensare con la propria testa e non mosso dalla paura.
Cruento, realistico e molto profondo questo è un libro che non lascia indifferenti e che ci ricorda di quanto dobbiamo ringraziare di ciò che abbiamo.
Valutazione 3/5
Ciao Susy, ho letto anche io questo libro incuriosita dal titolo e vorrei a mia volta rispondere criticamente alle tue osservazioni.
RispondiEliminaCapisco perfettamente, e non discuto su questo, i gusti personali. Tuttavia, ho trovato molto interessante e originale la scelta dello scrittore di inserire i dialoghi (perché ci sono!) all’interno di un diario e quindi, in un certo senso, all’interno di un flusso di pensieri, quello del protagonista.
Inoltre, parli di narrazione ma senza spiegare a monte la scelta stilistica e strutturale del libro, che quindi non emerge dalla tua recensione…
Andando oltre l’aspetto più tecnico della scrittura in sé, dal punto di vista dei contenuti trovo che hai omesso una serie di aspetti fondamentali presenti nel libro, come il tema del male, il tema della scelta, della fede, della colpa… Secondo me tutto questo non emerge dalla tua lettura, o quanto meno dalla tua recensione.
Io credo, e questa è stata la mia lettura personale, che il tema di Vichy e la scelta di quel momento storico siano solamente un punto di partenza per toccare temi più universali e, secondo me, anche molto attuali… Un saluto!
Ciao Susy, ho finito ora di leggere il libro, ma francamente faccio fatica a ritrovarmi nella tua recensione. Il libro è molto bello e intenso e offre uno sguardo nuovo e non banale su un tema così drammatico. Non capisco quando parli dell'assenza di dialoghi. Il libro è in forma di diario ma riporta i dialoghi diretti con una novità di stile che è la mancanza delle virgolette di apertura e chiusura dei dialoghi stessi. L'impressione è che tu non l'abbia letto con attenzione...
RispondiEliminaI dialoghi di cui parli all'interno di un diario non sono i dialoghi che preferisco nei libri e che per me sono un'assenza importante. Poi che la storia sia bella, che offra spunti di riflessione, che riesca a far capire un periodo importante con persone che hanno vissuto e sopportato tante è un altro paio di maniche. Mi fa piacere che il libro ti sia piaciuto sotto tutti i punti di vista anche lo stile narrativo, per me non è stato così
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